Visconti, ex assessore di Alemanno: «Linciato dai media ma sempre assolto. La mia vita distrutta in soli sette anni»

Marco Visconti

In sette anni ha affrontato quattro inchieste, un processo e due indagini della Corte dei Conti. Vicende giudiziarie risolte con assoluzioni o non luogo a procedere. Ma lungo questo settennato Marco Visconti, ex assessore all’Ambiente della giunta Alemanno - dal 2011 al 2013 -  e storico militante della destra romana, ha perso tutto. Lavoro, famiglia, risparmi, affetti, amicizie.


Quali prove giudiziarie ha dovuto affrontare.
«Sono andato a processo per il caso Parentopoli e sono assolto con formula piena in primo grado. L’accusa non ha neanche fatto ricorso in appello. Poi sono stato indagato per corruzione e finanziamento illecito in uno stralcio di Mafia capitale. Qui c’è stata l’archiviazione. Stesso dicasi per l’inchiesta sulle camere mortuarie, Capannelle e Palazzo Raggi. Per non farci mancare nulla sono arrivate anche due inchieste della Corte dei Conti che abbiamo confutato e il Comune è stato condannato a pagarmi 1500 euro di rimborso. Mi sembra abbastanza: in sette anni ho vissuto tra avvisi di garanzia, perquisizioni e gente che neanche ti salutava più».


Perché?
«Mi davano del mafioso, del corrotto, del ladro, senza sapere che non ho mai rubato una penna. Però questo è il mondo dove viviamo. Mio figlio non veniva neanche più invitato dagli amichetti alle feste di compleanno. Una situazione impossibile da sopportare e solo grazie ai miei genitori oggi sono ancora qua».


Si spieghi.
«In questi anni ho perso tutto. Risparmi di una vita, mia moglie e mi sono dovuto dimettere anche dal lavoro. Non so come ho fatto ad andare avanti e ad avere la forza di continuare a vivere».


Ma ora che è tutto chiarito, che è stato assolto da tutto, il lavoro poteva riprenderselo.
«Io mi occupavo di commerciale, un giorno ero da un cliente per firmare un contratto e sul suo tavolo c’era una copia di Repubblica con la mia foto che titolava Visconti indagato per Mafia. A quel punto ho preso il contratto e sono tornato in sede per dimettermi».


E oggi?
«In un momento come questo, con la crisi legata al covid non mi vergogno a dire che per vivere aiuto un mio amico dandogli qualche consulenza, mi arrangio insomma...».


E sua moglie?
«Anche il matrimonio non ha retto. Pensi che quando è nato mio figlio lei doveva uscire dall’ospedale mi chiama ma io avevo la polizia in casa che stava effettuando una perquisizione. È dovuta tornare con il taxi...».


Ha rabbia verso al magistratura?
«A cosa serve? A me fa più rabbia che, se si cerca Marco Visconti su internet, escano solo le notizie di rinvii a giudizio o le intercettazioni tagliate ad hoc e non le assoluzioni».


Rifarebbe politica?


«Non scherziamo. La politica è morta e quanto vediamo con questa amministrazione ne è la prova. I consiglieri non fanno opposizione, i dipartimenti non firmano i provvedimenti per paura di avvisi di garanzia e la città è ferma. E sta morendo. Oggi un sindaco o un assessore, se va bene, finiscono il mandato con un processo per abuso d’ufficio. Tutto questo per cosa? Per la gloria di amministrare Roma? No, grazie». Leggi l'articolo completo su
Leggo.it