Lavoratori sempre più anziani, precari e anche insoddisfatti. La fotografia scattata dal sesto Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale non invita a sorridere. Nel decennio 2012-2022 gli occupati fra i 15 e i 34 anni sono diminuiti del 7,6% e quelli con 35-49 anni del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con più di 65 anni del 68,9%.
I numeri non lasciano ben sperare per il futuro, non solo i lavoratori invecchiano ma ce ne saranno sempre meno: si stima che nel 2040 le forze di lavoro nel complesso saranno diminuite dell’1,6%, come esito della radicale transizione demografica che interessa l’Italia.
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Lavoro precario
I giovani lavoratori sono pochi e in grande maggioranza precari. Sempre secondo il rapporto, complessivamente, il 21,3% dei lavoratori italiani è occupato con forme contrattuali non standard (tempo determinato, part-time, collaborazioni). Ma per le donne la percentuale è del 27,9% (rispetto al 16,5% degli uomini) e per i lavoratori 15-34enni del 39,3%. Tra gli occupati giovani, la percentuale dei contratti non standard raggiunge il 46,3% tra le femmine, rispetto al 34,2% dei maschi.
Chi cambia e chi lascia il lavoro
Data la situazione è evidente che sempre più lavoratori sono insoddisfatti e frustrati. Nei primi nove mesi del 2022 ogni giorno in media 8.500 italiani si sono dimessi dal lavoro: il 30,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2019, prima della pandemia. Se potesse, inoltre, il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe l’attuale lavoro. Lo farebbero il 50,4% dei giovani e il 45,8% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti. L’insoddisfazione nasce da una serie di rigidità del lavoro: per il 65% degli occupati le opportunità di avanzamento professionale sono insufficienti, per il 44,2% lo è lo stipendio ritenuto non adeguato alle proprie esigenze (vale di più per i giovani: il 53%).
Smart working
Giudizio positivo invece per lo smart working che consente una migliore conciliazione tra lavoro e vita privata, anche se la maggioranza (72,4%) lo apprezza solo se alternato con giorni di lavoro in presenza.
Leggo.it