«Una candidatura solida sconfitta solo da un sorteggio. Una beffa!», ha twittato il premier Paolo Gentiloni. «Un'imponderabile e beffarda variabile», l'ha definita il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Una procedura decisa da tutti e 27 i leader a margine del vertice di giugno quella del sorteggio, ma che alcuni alti funzionari europei ora guardano con imbarazzo, indicandola come un «autogol», un messaggio «devastante», un assist per le forze euroscettiche.
L'idea che la decisione sul futuro di centinaia di impiegati e di tutto l'indotto che ruota intorno a loro - oltre un miliardo e mezzo nel caso dell'Ema - sia stata affidata alla sorte, è il ragionamento che rimbalza da un palazzo Ue all'altro, non fa bene all'immagine dell'Europa. «Veramente un pò assurdo essere esclusi perché si pesca da un bussolotto. Tutto regolare, ma non normale», ha sintetizzato il sindaco di Milano Giuseppe Sala. «La monetina - ha rincarato il governatore lombardo Roberto Maroni - è triste, è il paradigma di un'Europa che non sa decidere».
Comunque, intrecciando di nuovo il suo destino con l'Olanda (anch'essa di recente esclusa dai mondiali e partner nel turno di presidenza al consiglio di sicurezza dell'Onu), l'Italia si trova ora a dover inghiottire un boccone davvero amaro. «È come perdere una finale» di calcio «con la monetina. Sulla monetina non c'è influenza politica che tenga», ha allargato le braccia il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi, che ha seguito le due ore e i tre turni di voto attimo per attimo, fino al tuffo finale al cuore, quando dal recipiente con le palline è stata pescata quella con l'indicazione di Amsterdam.
A pesare sui risultati, anche la stizzita astensione della Slovacchia dopo che Bratislava è finita fuori dalla gara al primo round. È stata la 'defezionè del Paese di Visegrad a far approdare la partita al pareggio (13 a 13 al ballottaggio finale Milano-Amsterdam) dopo le aspettative deluse. Data in pole position fino all'ultimo in virtù del criterio politico della ridistribuzione geografica, la capitale slovacca è stata infatti schiacciata dalla statura tecnica di Milano (25 punti), Amsterdam e Copenaghen (20 punti ciascuno), senza possibilità di appello già alla prima votazione. La seconda ha eliminato la capitale danese, poi l'epilogo beffa.
Una sconfitta con accuse interne è stata invece quella spagnola, col ministro degli Esteri Alfonso Dastis che ha attribuito all'indipendentismo catalano di Carles Puigdemont la colpa dell'uscita immediata di Barcellona.
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