Basta poco per tornare liceali, sentire ancora addosso la frenesia del dopo maturità. Un essere infinitesimale e inconsapevole, ma potentissimo, dichiara guerra alla umanità; questa mette in piedi, senza distinzione di campo, un’alleanza universale immemore di scontri passati e in maniera frugale vince la prima battaglia. A quel punto si festeggia come fosse la fine di una guerra. Ed è lì che siamo nuovamente tutti giovani. Si respira aria di liberazione - non da un oppressore dispotico - ma da un virus strisciante.
Il 26 aprile 2021, giorno dopo la ricorrenza civica più sentita (un’altra liberazione) Roma è città più “aperta” che mai. Afferro carta, penna, cellulare e vado in giro a vedere l’effetto che fa: l’emozione frantuma l'incantesimo che ci eravamo fatti da soli.
Osservo le piazze nuovamente solcate dai passanti, i ristoranti, isole felici, che attraggono naviganti abbagliati dal sole e dalle riaperture; persino l’abbigliamento delle persone si sposa al tema della giornata: sgargiante, sexy, inconsueto, lontano dal decalogo d’ufficio, sebbene fosse lunedì.
Questo il teatro all’aria aperta che chiamiamo Roma ed è per questo palco che vengono scritturate le innumerevoli e sognanti comparse il giorno 26 aprile 2021 in una città che si sveglia con la missione di accogliere la gente nel ventre del suo splendore in una giornata da non dimenticare. Ora, tra chi legge, potrà esservi qualcuno che pensa che io esageri in descrizioni edulcorate da quegli sguardi, quei sorrisi, quel bisbiglìo sospeso quasi per paura di farsi ascoltare dal virus, ma io la maturità “l’ho fatta a Roma” e so come ti ammalia, in quel giorno unico, la città eterna. “Hey da domani non devo più andare a scuola” questo dicevano gli occhi delle persone abbarbicate sui tavoli dei bar e dei ristoranti come conquistadores spagnoli sui manufatti degli aztechi dopo la conquista…
Ho visto mature signore per l’occasione vestirsi da adolescenti; adolescenti vestite da aperitivo (che è tutto un programma), ho visto uomini indossare nuovamente la camicia buona e tutti insieme catapultarsi ovunque ci fosse un tavolino da abbrancare e presidiare in questa immensa città che da millenni sfama tutti e che attendeva solo di tornare madre. Così, come il 25 aprile del 1945 fu liberazione dalla guerra, il 26 aprile di settantasei anni dopo è stata pura libertà: ritrovarsi, guardarsi negli occhi, ridere, raccontarsi - all’ombra di una quercia , di un tendone o proprio sotto il sole - abbracciati a Caput Mundi che tutti accoglie e tutti protegge.
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Marco Mottolese nasce a Reggio Calabria. Ha vissuto a Londra, Perugia e Milano e attualmente a Roma. In queste città si è diviso tra creatività e management utilizzando la scrittura come collante del suo lavoro. Ha pubblicato libri di poesia, racconti , un saggio a quattro mani sui graffiti urbani e periodicamente “presta la sua penna” per attività di ghost writing.
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