Una lunga processione, iniziata un'ora prima dei funerali. Gli Charrere e gli Empereur a Aymavilles sono famiglie numerose, punti di riferimento per tutti. La piccola chiesa di Cristo Re traboccava, il resto dei presenti è rimasto fuori, sul sagrato. Sono sfilati i compagni di scuola di Nissen e Vivien, le giacche nerazzurre dello sci club Drink, le colleghe di Marisa. In mezzo i volti impietriti degli anziani, gli abbracci tra le mamme, l'incredulità degli uomini del paese. Poco dopo le quindici le campane hanno iniziato a suonare a lutto.
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«È un momento difficile, di sofferenza, dove siamo chiamati a vivere una grande solidarietà - ha sottolineato il parroco di Aymavilles, don Renato Roux - e tante persone vivono con noi questa preghiera. È uno dei momenti più tristi per questa comunità.
«La sofferenza che Marisa si è portata da sola - ha detto al microfono una cugina - ci ha stretto il cuore. Ora Marisa è in pace, con Nissen e Vivien. Ma noi dobbiamo imparare a stare vicino alle persone che sono sole. E non diciamo cose che fanno male, teniamocele per noi, non giudichiamo». I riferimenti ai «pettegolezzi» di paese che cercano di dare una spiegazione al terribile gesto della donna sono chiari.
La cantoria di Aymavilles intona una struggente Hallelujah di Leonard Cohen, i singhiozzi spezzano il silenzio. La messa è finita. Osvaldo Empereur si inginocchia davanti alle bare, pochi riescono a trattenere le lacrime. I tre feretri si avviano quindi verso l'uscita, su quelli bianchi dei due bambini qualcuno ha appoggiato sciarpe e bandiere della Juventus. I bambini di Aymavilles liberano dei palloncini bianchi e uno, rosso, a forma di cuore, che il vento spinge verso le montagne. Leggi l'articolo completo su
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