Bebe Vio su Vannacci: «Classi separate per disabili senza senso. Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno»

La campionessa riconosce che il sistema attuale non è privo di difetti, ma vede ciò come un incentivo per migliorare piuttosto che per peggiorare

Bebe Vio su Vannacci: «Classi separate per disabili, perché tornare indietro? Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno»

Classi separate per studenti disabili: la proposta avanzata dal generale Vannacci ha scatenato un dibattito nel quale si leva anche la voce di Bebe Vio Grandis: «Siamo stati il primo Paese al mondo a eliminare le classi separate fra chi ha una condizione di disabilità e chi non la ha, perché tornare indietro? Mi sembra una cosa senza senso», ha spiegato al Corriere della Sera, un cambiamento che contrasta con la legislazione italiana sull'inclusione scolastica in vigore dal 1977.

 

La scuola di Bebe Vio

La campionessa riconosce che il sistema attuale non è privo di difetti, ma vede ciò come un incentivo per migliorare piuttosto che per peggiorare. «Siamo stati anche i primi a inserire gli insegnanti di sostegno. Sono utili anche a chi non ha disabilità», ha commentato, raccontando la storia di un suo compagno di classe che parlava solo dialetto veneto e che ha beneficiato della presenza di un insegnante di sostegno. Bebe Vio, che ha vissuto l'esperienza della scuola sia prima che dopo l'amputazione dei suoi arti, ha enfatizzato l'importanza dell'integrazione scolastica. Racconta di come, durante la sua convalescenza, le verifiche venivano svolte in anticipo rispetto agli altri studenti, un piccolo segreto che condivide ora con un sorriso. «Quando ero all’ospedale avevo le verifiche un po’ prima degli altri e le passavo. Ora lo posso dire, i prof non si arrabbieranno», ha ricordato con affetto.

L'inclusione

Parlando dell'inclusione degli studenti con disabilità intellettive e relazionali, Bebe Vio ha ricordato la solidarietà dimostrata dai suoi compagni di classe, prima della sua malattia, che si alternavano per aiutare un compagno in carrozzina e uno con autismo. «Facevamo i turni per aiutarlo a fare i compiti, quando occorreva. E nell’intervallo in corridoio si organizzavano gare di velocità in carrozzina. Anche questa è inclusione. Ecco la società solidale», ha detto.

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