Il padre, Giuseppe, 50 anni, imprenditore caseario, è morto all'ospedale di Piedimonte Matese dove era stato condotto dalla moglie e dal figlio, che in un primo momento avevano accreditato la tesi dell'incidente.
La tragedia si è consumata nel caseificio della famiglia Leggiero, ad Alife, ma la dinamica dei fatti è stata ricostruita dai carabinieri e dal sostituto Giacomo Urbano della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere solo a tarda notte, a causa dei depistaggi della moglie della vittima, Patrizia Navarra, e dal figlio 28enne. I due hanno trasportato Giuseppe Leggiero in ospedale quando l'uomo era già in fin di vita per una ferita da arma da taglio all'emitorace sinistro. Ai sanitari i due hanno parlato di un incidente avuto dall'uomo mentre era intento alla lavorazione dei latticini nel caseificio di proprietà, quindi sono tornati a casa.
I carabinieri, avvisati dai sanitari, hanno cominciato ad indagare cercando riscontri alla versione dell'incidente, ma nell'azienda dei Leggiero hanno scoperto che la zona indicata come luogo del sinistro era estremamente pulita e in ordine. Messa alle strette, la donna ha quindi confessato di aver ucciso il marito perché stanca di subire il suo carattere violento, le sue continue aggressioni fisiche e le minacce verbali. Un incubo durato anni - ha spiegato la donna - dicendo di non avere mai sporto denuncia. Il racconto delle donna non ha però convinto gli inquirenti, soprattutto perché non ha voluto rispondere alle domande del magistrato sui particolari del delitto, dicendo solo che era stata lei; inoltre il figlio, convocato in caserma, non si è presentato in un primo momento. Quando era già tutto pronto perché la donna fosse condotta nel carcere femminile di Pozzuoli, il 28enne è però arrivato in caserma in compagnia dell'avvocato Giuseppe Stellato, e ha confessato.
«Sono stato io ad uccidere mio padre, non ce la facevo più a sopportare le sue violenze su mamma».
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