linguistico Manin di Cremona, ricorderà il suo esordio da arbitro più per l'attenzione mediatica alla partita di calcio che per l'evento agonistico in sè. Ieri ha diretto l'incontro a Pizzighettone (Cremona) tra il locale Oratorio San Luigi e lo Stradivari di Cremona nella categoria Giovanissimi, vinto dai padroni di casa per 3 a 0.
IN CAMPO CON IL VELO
L'abbigliamento di Chahida è frutto di una precisa scelta religiosa ed è quello abituale, in classe e nel tempo libero. La giovane, di fede islamica, è il primo arbitro in Italia ad avere avuto il permesso di dirigere una partita con il capo coperto dal tradizionale velo e le gambe avvolte dalla calzamaglia, indumenti che in un campo di calcio non si sono mai visti. Pochi i fischi, lunghi e decisi, del giovane arbitro, qualcuno meno del necessario secondo alcuni, nell'ambito di un incontro comunque corretto. Il suo debutto come arbitro non è stato affidato al caso. L'Oratorio San Luigi è un esempio di disciplina, sia in campo che fuori, ed è una realtà dove l'integrazione tra ragazzi di fede e Nazionalità diverse è acquisita da tempo. Il compito di Chahida è stato anche agevolato dal fatto che nessuno si è permesso di protestare una sola volta.
EMOZIONATA
«Ero molto emozionata, ma tutti mi hanno aiutato a superare questa prova», ha confidato la giovane a fine gara, settanta minuti affrontati a testa alta, con lo sguardo fisso sul rettangolo di gioco e l'attenzione rivolta al tutor Gian Mario Marinoni che a bordo campo ha profuso consigli e suggerimenti. È un aiuto riservato a tutti i neo arbitri, che a Chahida ha dato forza e sicurezza. Ci sono giovani direttori di gara che dopo la prima prova consegnano la borsa e salutano. Ce ne sono altri che rinunciano il giorno prima della partita e altri ancora che nell'intervallo si sciolgono in lacrime, sopraffatti dalla tensione. Chahida ha diretto la gara e ha avuto il coraggio di essere un arbitro diverso da tutti, ma che vuole essere giudicato come gli altri. Cinque fischi nel primo tempo di più nella ripresa, quasi a liberare il cuore.
MAMMA SOUAD
Souad Salhi, la mamma di Chahida, ha seguito la figlia per tutta la mattinata: «Chahida ha sempre voluto fare la giocatrice fin da quando era piccola, ma lei è molto femminile, io la conosco, e il calcio giocato non le sarebbe piaciuto. Quando mi ha chiesto se poteva vivere il calcio come arbitro ho risposto subito che poteva. Fare l'arbitro è come fare il giudice di una gara e Chahida è una ragazza forte e leale. Caratterialmente la vedo bene in questo ruolo». «Non temevo i pregiudizi del pubblico - commenta Chahida, che sogna di essere un bravo arbitro, magari il primo a portare il velo a livelli professionistici - perchè so bene che gli arbitri si espongono a commenti spesso ingenerosi, ma io non mi scoraggio. Al prossimo incontro voglio essere ancora più preparata». Leggi l'articolo completo su
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