Polemiche da Oscar

Polemiche da Oscar
Michela Greco
ROMA - L'Italia ha espresso ieri il suo candidato per la corsa all'Oscar nella categoria Miglior Film non in Lingua Inglese scegliendo Fuocoammare, il film con cui Gianfranco Rosi ha trionfato al Festival di Berlino, già distribuito in oltre 60 paesi.

Una decisione che premia un'opera che ha affrontato di petto il discorso sui migranti pur osservando la vita che scorre a Lampedusa soprattutto dal punto di vista dei suoi abitanti. Il riconoscimento dello sforzo dell'Italia per salvare rifugiati e migranti, ha twittato il presidente della Camera, Boldrini. Il premier Renzi ha cinguettato che è un onore per l'Italia essere rappresentata da questo film, mentre la Rai ha dichiarato che «La candidatura (...) è il giusto riconoscimento per un'opera (...) che si sposa perfettamente con la nostra missione di servizio pubblico». La decisione, però, è stata tutt'altro che unanime e il film di Rosi l'ha spuntata per un solo voto su un altro candidato, con disappunto di Paolo Sorrentino, che era tra i membri del comitato di selezione: «È un bellissimo film - ha detto - ma (...) questa scelta è un inutile masochistico depotenziamento del cinema italiano che quest'anno poteva portare agli Oscar due film: un film di finzione che secondo me avrebbe avuto molte chance è Indivisibili di Edoardo De Angelis, mentre Fuocoammare può concorrere e vincere nella categoria dei documentari». Il film di Rosi è in effetti iscritto agli Oscar anche come Miglior Documentario, e se lo stesso autore ha commentato augurandosi che Fuocoammare aiuti a superare la politica dei muri e delle barriere, la polemica è proprio questione di barriere: dov'è il confine tra film di finzione e documentario? Ha ancora senso tracciarlo, quel confine?
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