La donna aveva firmato un accordo con i due partner che aveva conosciuto online, e a settembre del 2015 era volata a Cipro per eseguire il trasferimento di un embrione in una clinica specializzata. Poi il litigio e la decisione della madre surrogata e di suo marito di tenere il bambino, nato ad aprile dello stesso anno. La coppia di omosessuali ha dunque intentato causa, vinta in primo grado e ora anche in appello. I giudici hanno affermato che la decisione di permettere alla donna e a suo marito di vedere il bambino solo 6 volte l'anno è corretta. In questo caso, dunque, i tribunali hanno dato maggiore importanza al fattore genetico (uno dei due componenti della coppia è il padre biologico del piccolo) e al benessere psicologico del bambino che, sempre secondo i giudici, verrebbe assicurato vivendo con il vero padre.
I giudici hanno però 'bacchettatò la coppia gay per aver pubblicizzato la vicenda e hanno ordinato loro di non parlare con la stampa. Da questo caso potrebbe scaturire una legge specifica a regolare gli accordi di maternità surrogata.
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