Il Governo statunitense è dunque passato dalla teoria alla pratica decidendo di bloccare i pagamenti relativi ai bond russi agli investitori americani, non rinnovando l'esenzione temporanea in scadenza ieri, 25 maggio e spingendo così Mosca verso un default forzato. Il primo, per la Russia, dal 1917 che sicuramente non ha intenzione di indietreggiare visto che tra le priorità dell'azione di Putin c'è senza dubbio la riduzione del debito estero. Mosca andrà per vie legali se sarà costretta a violare i propri impegni: "Abbiamo sia i soldi che il desiderio di effettuare i pagamenti": ha replicato ieri via Telegram il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov.
Fino ad oggi, comunque Mosca, seppur con difficoltà, è riuscita a rispettare ai suoi obblighi creditizi nonostante il congelamento dei conti all'estero e il blocco ai trasferimenti di denaro anche grazie al fatto che sulla Russia continuano ad affluire pagamenti di gas e petrolio che i prezzi attuali portano anche a un miliardo di dollari al giorno.
La mossa di Washington è dunque da interpretarsi come ulteriore pressing su Mosca per stoppare il conflitto a Washington. C'è poi da tenere presente la dichiarazione Ofac (Office of Foreign Assets Control, l'ufficio del Tesoro che regola le sanzioni imposte dal Governo americano) che lascia comunque sul tavolo la possibilità per i cittadini Usa di richiedere "una speciale licenza per continuare a ricevere i pagamenti".
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