Benvenuta DOP economy

Ci sono i colori (la Green Economy, la Blue Economy, la Black Economy); poi le figure geometriche (la Circular Economy, la Linear Economy); gli aggettivi (la New Economy e l'Old Economy); i luoghi (la Space Economy, la Sea Economy) e poi: la Gig Economy, la War Economy e chissà quale altra Economy dimentichiamo. Ma, insomma, quante economie esistono? Molte.

 

Idealmente tante quante sono le declinazioni dell'esistenza umana in un'attività che abbia rilevanza economica, e che perciò: (i) muova denari; (ii) generi transazioni; (iii) operi scelte sulle risorse. Fra queste Economy ne esiste una molto italiana, nel senso che abbiamo una leadership indiscussa che ci pone alla testa di un grande movimento mondiale: la DOP Economy. Roba forte.

 


La Treccani (la Bibbia della cultura italiana), l'ha appena accolta fra le sue braccia, definendola così: Segmento della produzione e trasformazione dei prodotti agricoli destinati all'alimentazione a Indicazione geografica, che costituisce una parte importante del valore agroalimentare nazionale.
Due numeri e tre nomi, così ci capiamo bene. 16,9 miliardi di euro di valore (alla produzione); il 19% del fatturato agroalimentare italiano.

 


Ora tre nomi: Parmigiano Reggiano, Aceto Balsamico, Prosciutto di Parma.
Tre campioni di una squadra di 838 alimenti a denominazioni di origine (fra DOP, IGP, STG), che portano l'Italia avanti nel mondo. A questi, manco il Covid li ferma.

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