Da Keynes a Draghi

Un po' di ottimismo per iniziare: nel lungo periodo siamo tutti morti.


È una citazione ricorrente in economia. Tradotta in linguaggio comune, suona più o meno così: chi se ne importa di come staremo fra cinque anni, io ho fame oggi; se non mangio ora, laggiù non ci arrivo.
La citazione appartiene al più grande economista del Novecento: John Maynard Keynes. Un uomo il cui pensiero fu talmente influente che chi esprime certe idee economiche viene definito keynesiano.
Banalizzando, ciò significa essere favorevoli a uno Stato che, se necessario, interviene direttamente nell'economia -sia spendendo denaro, che gestendo moneta.

 


Oggi pare ovvio ma quando Keynes lo sostenne, l'opinione dominante fra gli economisti (e i politici) era opposta.
Si riteneva, infatti, che i grandi problemi economici - es. una depressione- col tempo si sarebbero risolti da soli: bastava lasciar fare alla razionalità delle persone. Questa, guidando ciascuno verso il soddisfacimento del proprio interesse personale, avrebbe ispirato comportamenti economici positivi, non solo per lui ma anche per la collettività. A patto, appunto, di pazientare un bel po' (il lungo periodo).

 


Da leader BCE, Draghi ha gestito la moneta per contrastare la fase negativa del ciclo economico; ora, da primo ministro, si appresta a governare una poderosa iniezione di denaro pubblico in economia.
Un Keynes contemporaneo, insomma, che sa vedere il lungo periodo e vuole dargli, da oggi, la forma più sostenibile.

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