Quattro anziani su dieci alterano la struttura dei farmaci, frantumando le compresse, e uno su cinque le camuffa nei cibi. Ma la divisione delle pillole è diseguale in un caso su tre anche se si utilizza uno strumento di precisione come il taglia-pillole: così facendo infatti la quantità di farmaco assunta si discosta di almeno il 15% da quella prescritta, con un rischio di sotto o sovradosaggio che riduce l'efficacia della terapia. Non mancano gli effetti collaterali: perchè se il medicinale ha una finestra terapeutica stretta, ovvero è tossico a dosaggi che si allontanano anche in modo minimo da quelli necessari, il pericolo di eventi avversi gravi è concreto. Far rivedere o richiedere al medico formulazioni diverse può ridurre fino al 70% la necessità di spezzare le compresse.
«Dividere le pillole è sempre fonte di errori - spiega Nicola Ferrara, presidente Sigg - l'imprecisione è inevitabile soprattutto negli anziani che hanno spesso difficoltà visive o problemi articolari alle mani. Non parliamo poi di quando la pastiglia viene triturata: non perderne una parte consistente è praticamente impossibile. Un'operazione che viene spesso estesa a tutte le medicine prescritte, mescolate in un'unica soluzione. Un mix che può provocare rischi di interazione fra principi diversi e fenomeni di irritazione delle vie aeree a causa dell'inalazioni delle polveri». Secondo i dati raccolti dalla Sigg, la pratica di alterare i farmaci è un'abitudine diffusa soprattutto nelle residenze assistenziali sanitarie, perché molti pazienti non riescono a deglutire a causa di demenza o ictus. Ma ridurre il ricorso al taglio delle compresse è possibile, «per esempio somministrando la pastiglia intera assieme a yogurt, budini o altri cibi di consistenza morbida, oppure usando farmaci in diversa formulazione, dalle gocce ai granulati», consiglia Luisa Guglielmi della Fondazione Casa di Riposo di Robecco d'Oglio Onlus Leggi l'articolo completo su
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