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La scoperta si evince dai risultati delle analisi pubblicate sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas) dall'Istituto di ricerca e tecnologia agroalimentare (Irta) dell'Università autonoma di Barcellona e dall'Istituto spagnolo di ricerca sull'Aids (IrsiCaixa). Il caso di Negrito era finito sotto la lente dei ricercatori lo scorso maggio, quando la sua famiglia è stata colpita da Covid e uno dei suoi componenti ne è rimasto vittima. Il gatto, di quattro anni, mostrava gravi difficoltà respiratorie e subito si era pensato che potesse essere colpa del coronavirus. L'autopsia ha dimostrato in realtà che il decesso è dovuto a una cardiomiopatia ipertrofica felina, anche se il tampone ha confermato la presenza di SarsCoV2 con una bassa carica virale.
Le analisi genetiche hanno dimostrato che il virus è identico al 99,9% a quello del padrone morto, e questo sembra indicare che Negrito sia stato contagiato direttamente dagli umani e non da altri gatti. Considerato l'elevato numero di pazienti colpiti da Covid nel mondo e l'esiguo numero di casi registrato fra gli animali, gli esperti sottolineano che «gli animali domestici giocano un ruolo trascurabile nell'epidemia e i gatti, in particolare, vengono infettati in maniera residuale e non ci sono prove di trasmissione del virus agli umani. Questo - spiega la ricercatrice Júlia Vergara-Alert dell'Irta - è un caso di zoonosi inversa, in cui i gatti sono vittime collaterali senza che il virus causi loro dei problemi di salute». Leggi l'articolo completo su
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