Nella piccola villetta su due piani, ieri, gli esperti delle investigazioni scientifiche dei Carabinieri hanno effettuato nuovi rilievi, stavolta con l’utilizzo del luminol, per individuare tutte le macchie di sangue presenti nel tinello dov’è avvenuta la tragedia. E’ lì, in quello stretto spazio, si parla di meno di quaranta metri quadrati, che il figlio Giuseppe, attualmente indagato per omicidio volontario, avrebbe avuto la colluttazione con l’anziano padre. Ma se Giuseppe, architetto 46enne tornato in Italia da circa un anno, continua ad insistere che si sia trattato di un gesto di difesa, la Procura di questo non ne è affatto convinta. In casa le macchie di sangue sono state trovate in più punti. Ripulire dopo il delitto non è servito a cancellare. Anna Ramogida oggi nega di averlo fatto, ma gli investigatori hanno le prove che la moglie della vittima, prima di uscire per andare in ospedale ad Atri, si sia adoperata per tentare di coprire il figlio. Lei oggi sostiene di aver usato solo dell’acqua e non anche del detersivo. Il resto non lo ricorda. Giuseppe ha scelto di non partecipare ai rilievi. Per lui ieri c’era il suo legale, l’avvocato Nicola De Majo. La sua versione dei fatti non è mai cambiata.
Ai carabinieri e allo stesso gip il giorno della convalida del fermo ha sempre raccontato di essersi intromesso tra suo padre e sua madre perché quella notte stavano litigando. Giovanni addirittura avrebbe per l’ennesima volta forse malmenato la moglie. A quel punto Giuseppe sarebbe sceso dal piano superiore dove stava preparando le ultime cose per il trasloco con la mamma a Domodossola e lo avrebbe affrontato. Una discussione degenerata, tanto da afferrare il padre al collo. Ma nel tentativo di liberarsi, Giovanni sarebbe caduto all’indietro, sbattendo la testa. Sul suo corpo dall’autopsia sono emerse fratture alle vertebre, una delle quali potrebbe essere quella fatale, ma anche tre colpi proprio dietro la testa che non confermerebbero il racconto di Giuseppe. Al gip il figlio ha raccontato di non aver chiamato l’ambulanza perché un anno fa, quando Giovanni è caduto rovinosamente in casa, sarebbe arrivata con troppo ritardo. Da qui la decisione la settimana scorsa di portarlo in auto all’ospedale di Atri, dove il 73enne è arrivato quando ormai era già in arresto cardiaco e per lui non c’era ormai più nulla da fare. Leggi l'articolo completo su
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