Divorzio, 50 anni fa il referendum: il «No» che cambiò la storia d'Italia

Il 12 e 13 maggio 1974 con il referendum l’Italia confermò la legge sul divorzio

Divorzio, 50 anni fa il referendum: il «No» che cambiò la storia d'Italia

di Redazione web

Sono trascorsi ben 50 anni dallo storico referendum tenutosi in Italia il 12 e il 13 maggio. Nel 1974 il Paese confermò la legge sul divorzio. Allora servivano sette anni di separazione, oggi bastano sei mesi. La storia ha smentito chi sosteneva che la famiglia sarebbe morta: è solo cambiata. Convivere è la prima scelta e un figlio su 4 nasce fuori dal vincolo coniugale. Ma per matrimoni finiti siamo ancora ultimi in Europa. A mezzo secolo da quel voto spesso sono ancora le donne che pagano il prezzo più alto.

Vittoria inaspettata

«È indubbio che da quella vittoria inaspettata per molti e realizzata da pochi si è aperto tutto un periodo di grande riforme sui diritti sociali e civili, cioè sull'attenzione alle persone non solo in quanto lavoratori, ma in quanto persone». Lo afferma sui social Emma Bonino, di + Europa, in occasione dei cinquant'anni dal referendum sul divorzio. «Come ho già detto, io non c'ero durante la campagna per il divorzio perché ho incontrato la politica radicale qualche anno dopo, su un altro tema, l' aborto. Ma del referendum sul divorzio ne ho sentito talmente parlare in casa radicale che mi è parso a volte di essere stata tra loro come protagonista», fa notare. «Se preferiamo, come io spero, guardare avanti, allora è arrivato il momento di riprendere in mano le conquiste sociali e civili anche per le Europee votando per gli Stati Uniti d'Europa», conclude.

«Il segretario del Pci Berlinguer era terrorizzato di perdere e fece di tutto per rinviare il referendum, mentre il segretario della Dc Fanfani, la destra cattolica e il Papa Paolo VI volevano che si tenesse perchè sicuri di vincere». A ricordare cosa avvenne anche nei mesi precedenti a quel 12 maggio del 1974 quando 33 milioni di italiani andarono alle urne per decidere se la legge sul divorzio, approvata circa un anno prima dal Parlamento, dovesse essere abrogata o no, è Lorenzo Strik Lievers. Cinquanta anni fa partecipò attivamente alla campagna referendaria. Allora era un dirigente radicale, poi dall'87 al '92 è stato senatore della Repubblica con il Gruppo Federalista Europeo Ecologista e dal 1994 al 1996 deputato con Forza Italia, sempre come Radicale, e consigliere regionale della Lombardia dal 2000-2001. Era tra coloro che scesero in strada a festeggiare quel 13 maggio quando si seppe che gli italiani avevano scelto di mantenere valida la legge Fortuna-Baslini sul divorzio: i «sì» avevano ottenuto il 40,7%; i «no» il 59,3%.

La battaglia in Parlamento

«Allora avevo 30 anni e già da dieci anni ero un dirigente radicale a Milano - spiega - la battaglia di noi Radicali e della Lega per il Divorzio (Lid-Lega italiana per l'introduzione del divorzio) cominciò quando i cattolici iniziarono raccogliere le firme per il referendum . Contestavamo la legittimità del fatto che lo facessero nelle chiese, durante le funzioni religiosi, quando il Concordato vieta esplicitamente l'attività politica nelle chiese». Un volta raccolte le firme la seconda fase della battaglia fu «di opporci - prosegue - al grande tentativo di evitare il referendum perchè gran parte delle forze di sinistra laiche erano convinte che si sarebbe perso il referendum, come dall'altra parte i cattolici erano sicuri che avrebbero vinto perchè l'Italia era un Paese cattolico. Quindi con molta forza abbiamo denunciato i tanti tentativi di modificare la legge per evitare il referendum». Mentre Marco Pannella e Mauro Mellini e molti Radicali erano certi che il Paese fosse maturo per il cambiamento.

«Fu una campagna elettorale difficile - sottolinea - noi Radicali e la Lega per il divorzio fummo esclusi dalle partecipazioni televisive, dove andavano soltanto i partiti. Noi facevamo volantinaggio e comizi. Ci aiutò un settimanale molto popolare 'Abc' che aveva buttato tutte le sue energie per fare varare la legge sul divorzio. il direttore era un tipografo, Enzo Sabato, ci aveva messo un mucchio di soldi per la campagna di promozione. Ovviamente non avevamo il denaro per fare un quotidiano e Pannella aveva creato un giornale che usciva ogni tanto e si chiamava Liberazione. Era talmente convinto della vittoria che con vari giorni d'anticipo aveva a preparato un numero speciale con il grande titolo «il NO ha vinto» e predisposto un palco a piazza Navona per festeggiare la vittoria.

Appena arrivate le prime notizie sui risultati dello spoglio i Radicali erano pronti in piazza Navona a distribuire il numero. Fu assolutamente sconvolgente per l'Italia di allora che ci fosse un voto così clamorosamente contro la Democrazia Cristiana e l'egemonia cattolica. Una cosa molto significativa è che una parte consistente di elettorato democristiano ha votato no. Direi che è stato un grande moto di popolo».

Argentina Marchei ha vinto, Paolo VI ha perso

«Pannella - prosegue - aveva usato questo slogan "Argentina Marchei ha vinto, Paolo VI ha perso". Argentina Marchei era una popolana romana, una comunista che si era molto spesa per la battaglia del divorzio. Ed era proprio questa la chiave del discorso dei Radicali: guardate che il divorzio non è una questione che riguarda la borghesia, come all'inizio anche molti comunisti dicevano. No il divorzio era una questione che riguarda tutta la gente: è stato veramente un grande moto di popolo come dimostra la percentuale di vittoria. Io personalmente - ammette - avevo dubbi sulla vittoria».  


Ultimo aggiornamento: Martedì 14 Maggio 2024, 10:31
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