Elena Cecchettin contro il patriarcato: «Ci vogliono zitte, dobbiamo essere rivoluzionarie». Una donna la contesta con un rosario in mano

«L’aggressione, lo stupro e il femminicidio non sono semplicemente dei delitti passionali, ma atti di potere, modi per mantenere le donne nel loro 'posto' e per punirle»

Elena Cecchettin contro il patriarcato: «Ci vogliono zitte, dobbiamo essere rivoluzionarie». Una donna la contesta con un rosario in mano

di Redazione Web

Lottare «per liberarci dalle catene del patriarcato e dalla violenza che questo permette». È quanto afferma Elena Cecchettin, sorella di Giulia vittima di femminicidio, nel discorso che tiene oggi all'arena Robinson de "La Repubblica", al Salone del Libro, anticipato dallo stesso quotidiano.

«Viviamo in un mondo che continua a essere plasmato da concetti arcaici di dominio e sottomissione, dove il tentativo di sopraffare l’altro è il metodo principe per dimostrare la propria forza. Forza bruta, aggressione - sottolinea Elena Cecchettin - Questo mondo, pregno di strutture e comportamenti patriarcali vuole che le donne stiano zitte, a subire, ad adempiere al ruolo che la società ci ha riservato, ad accettare i soprusi e le mancanze di rispetto, anche quando sentiamo di esserci distaccate dal ruolo di 'angelo del focolare', se prestiamo attenzione non siamo comunque considerate al pari degli uomini che occupano il nostro stesso ruolo».

Il discorso di Elena Cecchettin contro il patriarcato

«Per questo dobbiamo essere rivoluzionarie, riprenderci lo spazio che ci spetta, smettere di farci piccole per rispettare quelle che sono le aspettative della mascolinità fragile che ha bisogno di dominare per sentirsi appagata, che come un oppressore ci vuole zitte e ubbidienti - continua - La storia ci insegna che le libertà delle donne sono state conquistate a fatica, spesso dopo anni di lotta e sacrificio. Ma anche oggi, nonostante i progressi, le donne continuano a essere trattate come cittadine di seconda classe. La libertà di scelta riguardo al proprio corpo è ancora una battaglia in corso, una battaglia che non dovrebbe nemmeno essere necessaria in un mondo giusto ed equo. La cultura dello stupro, radicata nel tessuto stesso della nostra società, legittima ogni forma di violenza e di sopraffazione nei confronti delle donne».

«L’aggressione, lo stupro e il femminicidio non sono semplicemente dei delitti passionali, ma atti di potere, modi per mantenere le donne nel loro 'posto' e per punirle quando osano sfidare quello che viene percepito come l’equilibrio naturale delle cose - osserva anche la sorella di Giulia - In questo mondo, però, c’è chi resiste, e innalza la propria voce per sfidare la normalità che legittima e giustifica coloro che perpetuano violenza. Per questo bisogna opporsi e contestare questo sistema che ci vuole rinchiuse e obbedienti».

 

La resistenza e la lotta delle donne

«La resistenza è sempre stata parte integrante della storia delle donne - ricorda - Prendiamo esempio dalle donne del passato che hanno sempre lottato, anche quando il loro nome non è mai stato menzionato.

Il 25 aprile, da poco trascorso, segna una data importantissima per la nostra storia, la Liberazione dal regime fascista. Partigiani e partigiane hanno deciso di resistere ad un regime che violava la libertà, un regime violento che reprimeva a forza i cittadini. Durante la lotta partigiana, le donne hanno combattuto per la propria libertà e per riprendersi quegli spazi che erano stati loro negati, poiché viste come unidimensionali, e tenute ad adeguarsi al copione che era stato scritto per loro».

«Si stima che siano state almeno 70mila le donne che hanno avuto un ruolo attivo nella Resistenza, nonostante non vengano ricordate tanto quanto i compagni, la loro partecipazione è stata fondamentale. Dopo la guerra gran parte di queste donne sono dovute tornare al ruolo a cui la società le designava, ma la resistenza e il desiderio di emancipazione non sono mai terminati - continua - E oggi, più che mai, è necessario continuare quella lotta per liberarci dalle catene del patriarcato e dalla violenza che questo permette. Opponiamoci e ribelliamoci alla violenza, alla violenza di genere, a tutte le forme di violenza. È compito degli uomini utilizzare il loro privilegio e il loro potere per smantellare le strutture patriarcali che li favoriscono. Siamo d’esempio alle generazioni future ed educhiamo su valori di rispetto, uguaglianza e consenso».

Secondo la ragazza è il «momento di mettere in discussione l’idea stessa di forza e di esplorare altre forme di potere, quelle che non si basano sull’oppressione e sulla coercizione. La lotta contro la violenza è una lotta per la libertà e per la dignità".

La contestatrice col rosario in mano

Il pubblico la ascolta in silenzio, poi inizia un dialogo con Alessandra Chiricosta su Resistenza femminista: la forza di liberare il proprio spazio e irrompe sulla scena una contestatrice che urla «Vade retro Satana. Il patriarcato è un insulto in confronto a voi. Le bestie hanno mantenuto l'istinto materno, voi invece uccidete i vostri figli» con un rosario in mano.

Allontanata, la contestatrice poi ritorna: «Giù le mani dai bambini. Non si uccidono». Piccolo momento di turbamento, ma poi l'incontro prosegue. «Penso che tutto il corpo della donna sia sotto attacco. Guerra nella guerra. Quando si tratta di conquistare territori lo stupro è considerato arma di guerra. Un modo per dimostrare di essere più potenti» dice Elena, che non vuole parlare con i giornalisti né farsi fotografare.


Ultimo aggiornamento: Domenica 12 Maggio 2024, 15:25
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