Sogni, nostalgia e storie ancora più spaventose: ecco il nuovo Twin Peaks

Sogni, nostalgia e storie ancora più spaventose: ecco il nuovo Twin Peaks

di Ilaria Ravarino
La loggia nera c’è. L’agente Cooper anche. E ritorna pure Laura Palmer, solo un poco sfiorita, stesso volto da reginetta di bellezza di 27 anni fa: sguardo magnetico, incedere onirico, il sorriso di chi ha visto la morte e l’ha attraversata.

Disponibili da ieri notte su Sky (e a Cannes il 25) le prime due puntate della terza stagione di Twin Peaks, serie culto anni 90 firmata da David Lynch, colgono nel segno: cavalcano l’effetto nostalgia - il ritorno di personaggi cult, di luoghi familiari, i dolly sul bosco infestato dalla nebbia - senza dimenticarsi di perseguire l’obiettivo originario della serie. Ovvero: fare paura. O meglio ancora: terrorizzare. Fin dalla prima puntata è già chiaro il mood delle successive 17. La linea narrativa è rarefatta, niente di paragonabile all’originale. Si parte ancora da un omicidio, c’è un investigatore, un colpevole apparente, ma l’assassinio è brutale (scorre più sangue, nel nuovo Twin Peaks), la modalità del crimine bizzarra, la messa in scena quasi surreale.

Intorno a questo cadavere si agganciano, come parassiti vischiosi, altre linee narrative appena accennate: da una parte l’agente Cooper, protagonista del primo Twin Peaks, intrappolato in una sorta di libo demoniaco; dall’altra una coppia di ragazzi di New York, pagati per sorvegliare una gigantesca e apparentemente vuota gabbia di vetro. Lynch, che ha accettato di tornare alla tv solo in cambio del controllo assoluto della realizzazione, si prende qui ogni libertà possibile, senza paura di eccedere. La colonna sonora, dominata negli anni 90 dalle musiche di Angelo Badalamenti, è qui più estrema e alla melodia concede poco spazio, intessuta di suoni in reverse, voci deformate, desincronizzazioni.

Ampio anche l’uso (abuso?) di effetti speciali per dare corpo a visioni, incubi e allucinazioni, in una festa di suggestioni lisergiche sospese pericolosamente tra il sublime e il ridicolo. C’è più di un’eco di Mulholland Drive e Inland Empire, c’è tanto della ricerca stilistica espressa da Lynch in pittura, e per i fan sarà un piacere ritrovarle. Per tutti gli altri sarà forse qualcosa di diverso: un Lost in acido, non per tutti i palati.
Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Maggio 2017, 09:17
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