Rose Villain: «Mio padre dietro il mio successo? Si dice solo perché sono donna. Se fossi uomo sarei al livello di Lazza o di Sfera»

Dopo Sanremo, regina delle classifiche con "Radio Sakura"

Rose Villain: «Mio padre dietro il mio successo? Si dice solo perché sono donna. Se fossi uomo sarei al livello di Lazza o di Sfera»

di Rita Vecchio

«Guarda che non dormirai, mi dicevano. Avevano ragione. E' stato un frullatore di splendide emozioni. Mi sentivo al posto giusto nel momento giusto e non ho permesso all’ansia di rovinarmelo». E’ passato poco più di un mese dal battesimo sanremese di Rose Villain con “Click boom!”. Un palco affrontato dall’artista milanese, 34 anni, di cui 14 trascorsi in America, nel modo in cui doveva essere vissuto. Il diploma al Musicians Institute di Hollywood, il punk rock nella cover band The Villains (da cui poi da Rosa Luini in arte è Rose Villain) e il musical a Broadway. «Ho sentito tanto supporto dalle persone intorno a me». 

Anche di suo padre?

«Si è vantato con tutti gli amici. L’ho voluto la prima sera e saperlo lì mi ha fatto venire il magone. Quel palco era la conferma che qualcosa di buono nella vita, in fin dei conti, lo avevo fatto». 

Il portafortuna di Vessicchio ha funzionato, quindi.

«Molto. La mia canzone sta spaccando e anche il mio nuovo disco, Radio Sakura. Al debutto è stato inaspettatamente l’album tra i più ascoltati al mondo, secondo ad Ariana Grande. Sono al terzo posto della Top Album FIMI e mi dicono che sono oggi l’unica artista donna con tre brani nella classifica Top 50 Italia di Spotify. Interessante vedere come un paese piccolo come il nostro, “streammi” di brutto». 

ROSE VILLAIN (cover album RADIO SAKURA)

Che periodo sta vivendo?

«E’ il rinascimento di Rose. Sakura è bellezza, gioia del godersi l’attimo, è simbolo di fioritura e di primavera. E’ un disco per le donne pubblicato apposta nella giornata dei diritti e scritto in un mese. A ottobre scorso, a New York, città che mi dà respiro, tra passeggiate e musei. Sono partita con Sixpm (Andrea Ferrara, produttore e marito, ndr), abbiamo affittato un bel basement a Tribeca e lo abbiamo adibito a studio di registrazione con tutta la strumentazione che ci eravamo trasportati nella marea di valige». 

Traccia preferita? 

«”Milano almeno tu”». 

Un ritorno alle origini. 

«Amore e odio. E’ sempre stata set cinematografico anche delle mie tragedie. E’ l’ultimo brano del disco, ma non ultimo per gradimento. La frase in milanese (de Milan ghe n’è vuna ma le l’al sa no, ndr) è quella che mi diceva mia nonna che è scomparsa da poco. Al suo funerale ho registrato le voci e le ho messe sempre qui, nel disco». 

Cinematografia che è nelle sue corde. 

«Sì, per me la linea tra musica e cinema è sottile. I miei videoclip li curo io, fino al montaggio. Quando scrivo non immagino una colonna sonora - anche se in passato “Don't Call the Po-Po” fu poi usata per una puntata della serie tv L.A.’s Finest con Jessica Alba - ma quando scrivo penso a un film. Lo storytelling mi piace, come la sceneggiatura, la narrazione, la regia». 

Film che le fanno da sottofondo?

«Tutti quelli di Tarantino e di Guadagnino. Due opposti, come me. Humor e dark».

Quali sono "le parole feriscono”?

«Per me sono quelle di chi non tollera il successo delle donne, giustificandolo con la presenza di un uomo. Così, il successo di Elodie è grazie a Marracash, quello di Mara Sattei grazie al fratello thasup, quello di Rose Villain grazie al padre. Premetto che non sono milionaria come scrivono in giro. Non sono cresciuta con il porche e in una villa, ma in una famiglia modesta che ha fatto molti sacrifici per farmi studiare all’estero. Delle donne si dice tutto questo, degli uomini no». 

Va più d’accordo con le donne o con gli uomini?

«Dipende.

Ho un lato maschile e uno femminile. Direi, perciò, tutti e due». 

Vale anche per i duetti del disco, da Madame a Ernia

«Non sono nati per accordi discografici. Madame, Ernia, Bresh, thasup e Guè sono prima di tutto conoscenze personali. C’è stata una interessante sinergia tra di noi». 

Il suo messaggio per le donne è chiaro.

«Resto fermamente convinta, e lo ripeto sempre pur correndo il rischio di apparire poco umile, che per le hit che ho fatto, se fossi stata uomo, sarei al livello di Lazza o di Sfera. Intervengono ancora tante componenti sociali, radicate all’alba dei tempi. Ci sono ancora uomini che non si sentono abbastanza virili se ascoltano le donne. La lotta va fatta insieme». 

Ma si lotta?

«Se guardo l’estero, l'America che è più progressista, ci sono artisti che si espongono tanto, dal voting al razzismo. Se guardo l’Italia, invece, vedo che c’è più paura. E’ un Paese più bigotto e tradizionalista». 

Ghali ha parlaro di «maschere a penzoloni». 

«Io sono pro-pace e mi sono sempre esposta, anche a costo di essere massacrata sui social. Ma con temi come il genocidio si entra in un tema delicato e divisivo. La carriera dell’artista, sia che ne parli, sia che non ne parli, può risentirne. Credo quindi che vada rispettato chi decide di non esporsi. Un artista non può esser obbligato a farlo». 

Resilienza e speranza: il momento in cui ha perso l'equilibrio?

«Ho avuto tanti down, ma se ci penso bene, non credo di avere mai perso le speranze. Pure con il cuore a brandelli e pur toccando il fondo, ho creduto e credo nella salvezza». 

Chi sono gli “angeli e demoni”?

«Gli angeli sono la mia famiglia. I demoni sono tanti, dall’inquietudine al senso di insoddisfazione. Sono cancro ascendente vergine, quindi pignoletta»». 

Come li combatte? 

«Accettandoli. Ho imparato a farmeli amici e li ho domati facendoli diventare protagonisti delle mie canzoni». 

La sua alternativa alla musica?

«No, non c'è. La musica è una maledizione. Una bellissima maledizione». 

Come se l’è cavata tra Geolier e Fabri Fibra in Nuova Scena di Netflix?

«E' stata una figata stare dall’altra parte e osservare ragazzi con la fame di essere qualcuno. Geolier cercava la credibilità, Fibra la tecnica e le rime, io l’unicità. Tre giudici diversi che si sono andati a compensare». 

Un brano insieme?

«Ci stiamo lavorando. Sarebbe un’altra bella figata».

Il tour?

«Parte a ottobre, con quattro date a oggi. A Milano suonerò al Fabrique. Il mio primo live è stato qui, ospite di Salmo». 

Però prima ci sono i Coldplay

«Aprirò i loro stadi. La mia missione sarà cantare così bene da farli spaventare (ride, ndr). Ma prima ancora, ho un programma una bella vacanza». 

Dove? 

«In Africa. Non sono mai stata. Vado a riposarmi un po'». 

Si descriva. 

«Malinconica, sensibile, dolce, permalosa di fronte alle ingiustizie, attenta. Tra i difetti, impaziente e un po’ invidiosa. Ma non so se è l'aggettivo giusto. E’ la frustrazione che ho provato in passato nel guardare il successo degli altri, insofferente rispetto ai risultati che nonostante la gavetta non arrivavano. Povera Rose...!». 

E oggi, si dice brava se si guarda indietro? 

«Sì. Credo di avere fatto bene. Sono contenta di quello che sono».

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Di seguito tutte le date dei club già annunciate:

17 ottobre 2024 – FIRENZE – Viper Theatre

18 ottobre 2024 – PADOVA – Hall

25 ottobre 2024 – NAPOLI  – Casa della Musica

29 ottobre 2024 – MILANO – Fabrique


Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Marzo 2024, 16:19
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