Eugenio Finardi, in arrivo il cofanetto con i primi album. A novembre live a Milano

Eugenio Finardi, in arrivo il cofanetto con i primi album. A novembre live a Milano

di Massimiliano Leva
Quarant'anni di musica ribelle: non è solo il titolo del nuovo cofanetto che raccoglie i primi cinque album di Eugenio Finardi (in uscita venerdì), ma anche in un certo senso una dichiarazione di intenti. «La mia non è una musica contro, ma sicuramente le mie canzoni sono sempre state scritte per far pensare, per aiutare a capire, a porsi domande».

Bando, quindi, alla nostalgia. «Non è un'operazione nostalgica, semmai qualcosa che serve, spero, a far capire come dietro questa riedizione non ci sia nulla di artificioso», racconta Finardi. Il cofanetto sarà l'occasione per ascoltare dunque dischi entrati ormai nella storia della canzone italiana: Non gettate alcun oggetto dai finestrini (1975), Sugo (1976), Diesel (1977), Blitz (1978) e Roccando rollando (1979). Tutti rimasterizzati in cd e vinile (nel caso di Sugo e Blitz usando i nastri originali). Con l'aggiunta di un libro fotografico di 72 pagine e di vari gadget. «Sessant'anni è l'età in cui si devono realizzare i sogni, si organizzano i propri ricordi», racconta Finardi.

E per dare ancora più sapore all'evento, il 4 novembre, al Teatro Dal Verme di Milano, salirà sul palco con i musicisti di punta di quegli anni: sarà infatti accompagnato da Patrizio Fariselli, Ares Tavolazzi, Walter Calloni, Claudio Pascoli, i Crisalide, Lucio Fabbri e molti altri tra colleghi e amici. «Ritrovarmi con alcuni, a più di quarant'anni, senza che nulla sia stato programmato, è stata un'esperienza oltre che una gioia. Ci siamo resi conto di come nulla fosse cambiato, neppure nel rifare le canzoni di un tempo: l'alchimia è sempre la stessa e anche la musica a me pare sempre attualissima».

Ma un ricordo di quegli anni ci sarà pure? «Beh, sì certo, anche tanti. Ma c'è stato un aspetto che mi ha fatto pensare: ritrovarsi dopo così tanto tempo non ha incrinato il feeling tra di noi ma mi ha fatto comprendere forse come i tempi siano cambiati. Ieri, per noi, c'era un futuro nei nostri sogni, nella nostra passione per la musica, nelle nostre idee. Oggi, per i giovani forse questa speranza non c'è più».

Vede spesso giovani ai suoi concerti? «Sì, ce ne sono molti e magari non mi conoscono neppure da tanto tempo, ma va bene così. Mi interessa che ci sia passione per la musica».

Vede in qualcuno di oggi un suo erede? «No, sono sincero. Mi piacciono molti artisti: i Ministri, lo Stato Sociale, giusto per citarne un paio. Ma oggi è tutto così specifico: se uno fa rap deve solo fare rap. Così forse un po' si perde di quel tutto, di quella creatività che c'era allora e alla fine purtroppo restano forse solo emuli».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 26 Ottobre 2016, 08:58
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