'Tutto quello che vuoi', Giuliano Montaldo ospite a Leggo con Francesco Bruni

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di Emiliana Costa
«Da ragazzo ho lavorato come giornalista di spettacoli per il quotidiano Il Lavoro di Genova. Mi piaceva andare a vedere i film titolato e soprattutto gratis. Ma una volta la pellicola non mi piacque e lo scrissi in maniera colorita. Arrivò il direttore, Sandro Pertini, che mi rimproverò, intimandomi di riscrivere il pezzo».

A raccontare lo straordinario episodio è il maestro Giuliano Montaldo, il regista genovese che ha firmato capolavori come Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno. E che all'età di 87 anni ritroviamo nelle vesti di co-protagonista di Tutto quello che vuoi, una commedia generazionale, da oggi nelle sale, firmata da Francesco Bruni, il regista di Scialla. 

Il maestro Montaldo che con Bruni ieri è stato ospite a Leggo in veste di direttore per un giorno continua l'esilarante racconto su Pertini: «Ci siamo rincontrati 35 anni dopo al Quirinale. Io ero in visita con la delegazione dei cineasti e avevo già fatto il mio primo film e lui era il presidente. Ma in ogni caso appena mi vide, mi chiese Hai imparato a scrivere?».

Montaldo, classe 1930, è un fiume in piena e racconta della nuova avventura da attore: «Nel film sono un anziano poeta che entra in contatto con un giovane scapestrato (interpretato da Andrea Carpenzano, ndr). L'incontro cambierà la vita di entrambi e attraverso i miei ricordi sugli anni della guerra, andremo a caccia di un tesoro».

Gli fa eco Bruni: «Parlare con Montaldo è come parlare di storia con qualcuno che c'era. Si toglie la patina di polvere, perché è vita vissuta. Ed è quello che accade nel film, in cui c'è anche mio figlio Arturo - il rapper Dark Side nella celebre Dark Polo Gang - nei panni di Riccardo».
 
 


Bruni e Montaldo partecipano alla riunione di redazione e quando si parla di sport, il maestro, genoano sfegatato, racconta della sua prima volta allo stadio Marassi. «Avevo 8 anni e lo zio Serafino, un uomo sui generis con ghette e bastone con pomello d'avorio, mi portò a vedere il Genoa. Purtroppo però la squadra perse la partita e lo zio fuori di sé dalla rabbia si dimenticò di me e mi lasciò allo stadio. Era autunno inoltrato e iniziavo ad avere freddo. Le maestranze del Marassi mi coprirono con una bandiera enorme del Genoa. Da quel momento non avrei mai più potuto essere di nessun'altra squadra».

Tra i ricordi del regista degli Intoccabili, anche il periodo della seconda guerra mondiale. «Nel '43 bombardarono la nostra casa e la scena dei miei genitori in lacrime non la dimenticherò mai. Da ragazzo - conclude Montaldo - ho militato nelle fila partigiane. E sono riuscito a ferirmi da solo. Attaccata alla cintura portavo una bomba balilla, che cadde ferendomi. Mi tolsero le schegge con le pinzette di un pasticciere. Per fortuna, più che una bomba era un fuoco d'artificio».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 12 Maggio 2017, 15:52
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