M5S, gli ortodossi e l'ipotesi scissione: con Di Maio non corriamo, contatti con Mdp

M5S, gli ortodossi e l'ipotesi scissione: con Di Maio non corriamo, contatti con Mdp

di Stefania Piras
dal nostro inviato
RIMINI
E se pure Beppe dice «largo ai giovani sarò sempre il papà di tutti» loro, gli ortodossi non ci stanno e si sentono orfani. E inevitabilmente c'è già chi sussurra la parola scissione. «Sono in auto e sto arrivando a Rimini perché alla fine è giusto esserci». Il senatore Nicola Morra ha il navigatore impostato verso la festa nazionale del M5S. E ci va per riportare il segnale gps movimentista che secondo lui si è perso, impazzito dietro un cammino innovativo, governativo.

Lui, Roberto Fico, Carlo Sibilia, Luigi Gallo, Vega Colonnese, Paola Nugnes sono rimasti soli a guidare il dissenso. Lo stesso smarrimento è di Giuseppe Brescia, che guida la commissione per l'accoglienza dei migranti che da quando c'è stata la svolta sulle ong-taxi non ha più toccato palla. C'è Andrea Coletti, sempre stato critico con la visibilità medatica drogata di cui hanno goduto solo alcuni nel M5S. e C'è pure Roberta Lombardi, che tenterà la via della Regione Lazio rinunciando alla disputa per un nuovo giro in Parlamento.

PESO D'ORO
Roberto Fico è a Rimini ma è come se non ci fosse. Era indeciso fino all'ultimo se partire, non partire, parlare o non parlare per niente. Alla fine non ha inviato la sua conferma agli organizzatori e il suo intervento previsto per domani è saltato. La strategia del silenzio pagherà, pensano i suoi che nel giro delle ultime 72 ore lo hanno visto furioso, poi basito, e ancora sconfortato dalla distanza abissale che si è frapposta tra lui e Beppe Grillo. Il suo silenzio è già valutato a peso d'oro visto che non è rimasto indifferente agli inviti delle feste degli altri, quelli di Mdp che muoiono dalla voglia di scoprire di che pasta è fatta questa ala ortodossa, cosiddetta di sinistra. Gli altri parlamentari, ormai ex ortodossi, hanno vissuto questa fase in pieno anonimato, ovvero votando Luigi Di Maio candidato premier e poi, subito dopo il clic, hanno sfogato i tic.

La paura che il Movimento stia diventando qualcosa d'altro, che si stia appiattendo sulla figura del vicepresidente della Camera che gioco forza avrà un potere prima impensabile. «E se Grillo lascia il ruolo di capo politico non sarà indolore», dice Morra che boccia tutto l'iter di selezione del candidato premier, a partire dalle autocandidature: «Si doveva partire da un identikit, dai requisiti che deve avere il nostro candidato, dal cosa e non dal chi».

COMUNICATO N.45
Il comunicato politico numero 45, gli ortodossi lo conoscono bene è ormai diventato anacronistico. In un ultimo spasmo di protesta il deputato Gallo lo pubblica sui social. E' quello che parla dei portavoce M5S che non sono peones guidati da un leader. «L'ho scritto per ricordare a tutti noi cosa siamo. Con queste parole noi tutti abbiamo deciso di candidarci ed essere portavoce di un programma e dei cittadini. Questa è la nostra direzione, questo è il nostro obiettivo. Sono le nostre parole guerriere». Per ora la guerra è a parole. Poi si aprirà a colpi più duri, decisi e politici.

Sono pronti a non essere nominati, Fico e i suoi, e quindi a non ricandidarsi secondo i dettami del nuovo capo politico eletto ufficiosamente in queste ore. Fuori spira un'aria diversa, un vento contrario alla brezza primigenia del Movimento. Basta ascoltare le parole della senatrice Barbara Lezzi. Anche lei doveva autocandidarsi alla premiership ma poi ci ha ripensato e ha scelto Luigi Di Maio: «Io non ho capito qual è il punto che a Fico non è andato bene: chi diventa capo politico? Ma quella è una figura burocratica! Il capo resterà Grillo... Io davvero non ho capito cosa non gli vada bene, perché lui non parla. Ma sono sicura che prima o poi lo farà».
Ultimo aggiornamento: Sabato 23 Settembre 2017, 09:49
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