Pd al bivio, Rosato apre a referendum sulle alleanze

Pd al bivio, Rosato apre a referendum sulle alleanze
Si acuisce la diffidenza tra le varie correnti del Pd sull'ipotesi di un governo con M5s, tanto che il reggente Maurizio Martina ha dovuto ribadire che il ruolo che spetta ai Dem è l'opposizione, mentre il capogruppo uscente Ettore Rosato ha aperto alla proposta di svolgere in merito un referendum tra gli iscritti. Sottostante al dibattito rimane la volontà di sostenere il presidente Sergio Mattarella nel compito di favorire la nascita di una maggioranza parlamentare, e in tal senso Matteo Richetti non ha escluso un sì a un «governo di tutti, a un governo scopo». Da parte dei renziani è arrivata una salva di «niet» all'apertura a governi con i pentastellati, da Matteo Ricci a Dario Parrini («No a far da sgabello a forze estremiste e demagogiche»).

Ma anche fuori dal «giglio magico» molti esponenti hanno fatto dichiarazioni contrarie a tale ipotesi, come il socialista Riccardo Nencini o il presidente del Pd Matteo Orfini o la ministra Valeria Fedeli. E sulla stessa linea Andrea Orlando, uno dei leader della minoranza interna. Solo Michele Emiliano ha insistito su questa proposta, invitato il Pd a «utilizzare il suo 18%» in favore di un accordo con M5s. Nei giorni scorsi alcuni intellettuali esterni al Pd, o anche ostili ad esso, hanno sollecitato i Dem all'accordo, invitandolo a tenere un referendum tra gli iscritti, sul quale Rosato (contrario all'intesa) ha aperto: «su decisioni importanti potrebbe essere utile una consultazione degli iscritti».

Ma tra i renziani e tra quanti aversano questa ipotesi, come ha detto Orfini, si è certi che gli iscritti boccerebbero queste nozze.
Il problema però è non lasciar da solo il Quirinale nel risolvere tutti i problemi. «Il primo giro di consultazioni andrà a vuoto - nota Francesco Boccia - e dopo il secondo magari ci sarà un incarico esplorativo». Diversi parlamentari osservano che se il Pd non si dichiara a priori indisponibile a un qualche accordo, dà a Mattarella una carta in più anche per sollecitare intese tra altri partiti più vicini tra loro, come appunto M5s e Lega e la stessa Fi. La dichiarazione di disponibilità non si tradurrebbe necessariamente in un impegno diretto. Ma Orfini mette in guardia: precedenti «chiamate alla responsabilità hanno danneggiato il Pd» come il sostegno al governo Monti nel novembre 2011 o il prolungamento della legislatura dopo il referendum del 4 dicembre. Insomma meglio essere chiari da subito: questo matrimonio non s'ha da fare.

Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Marzo 2018, 21:15
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