Napolitano morto, primo presidente a concedere il bis: 9 anni al Quirinale, per gli avversari più un Re che un Capo dello Stato

Fu anche il primo che dal Pci arrivò sulla poltrona del Viminale, al ministero degli Interni. Kissinger lo definiva "il mio comunista preferito". Il matrimonio con Clio, avvocato del lavoro, due figli, la passione per il teatro.

Napolitano, primo presidente a concedere il bis: 9 anni al Quirinale, per gli avversari più un Re che un Capo dello Stato

di Totò Rizzo

Dovessero intitolare la sua biografia, gli avversari politici di Giorgio Napolitano scriverebbero in copertina “Giorgio, il presidente che volle farsi re”. Contrari o favorevoli, supporter o denigratori, non si può dire che, nel panorama politico italiano, dai primi gradini nella nomenklatura del Pci alla più alta carica dello Stato, Napolitano non sia stato personalità di spicco, di spessore, anche a costo di essere a volte diretto, ruvido, divisivo.

La carriera

E soprattutto non si può negare che qualche primato lo abbia conquistato: è stato il primo comunista ad essere eletto presidente della Repubblica; è stato il primo, al Quirinale, a concedere il bis (e, nella pratica inusuale del secondo mandato, Mattarella lo ha poi seguito); è stato il primo comunista al Viminale, dal 1996 al ’98, nessun altro, dal quel partito, prima di lui al ministero degli Interni; da dirigente del Pci è stato il primo ad ottenere il visto per una visita ufficiale in America mentre nello studio ovale sedeva Jimmy Carter ma già, ancora prima di quel 1978, un altro americano di più tenace tempra, un certo Henry Kissinger, lo chiamava “my favourite communist”. Per dire della stima che ne aveva.

 

Non colse il primato del primo napoletano sul Colle, ché c’erano già stati De Nicola e Leone, però napoletano lo rimase sempre intimamente, grazie a quella formazione più culturale che politica che lo aveva visto affiancato agli intellettuali partenopei coevi, o poco più grandi, da Francesco Rosi a Peppino Patroni Griffi, da Luigi Compagnone a Raffaele La Capria, nei pomeriggi a Palazzo Donn’Anna, a Posillipo, dove si parlava di scrittori e ideologie, di letteratura, di teatro e di utopie sociali. La politica è stata comunque il suo mondo  (deputato di lunghissimo corso, dal 1953 al ’96) e il Pci la sua casa, presidente della Camera, senatore a vita, europarlamentare. In mezzo a burrasche, spesso, saldo in quel credo in un socialismo democratico che era quello del suo maestro, un altro Giorgio, Amendola. I giorni d’Ungheria coi carrarmati russi, la difficile e controversa presa di distanza da quell’invasione, le polemiche con Enrico Berlinguer sui rapporti con il Psi, la proposta del voto palese per le autorizzazioni a procedere, la legge messa a punto con Livia Turco che istituì quei centri di accoglienza per gli immigrati che non si pensava, allora, dovessero diventare le polveriere che sono oggi, la durissima controversia con la Procura di Palermo sulla liceità delle intercettazioni sul primo cittadino del Paese, i veleni dei 5 Stelle (all’ascesa di Pizzarotti a Parma rispose con la memorabile battuta «io di boom conosco solo quello degli anni ’60»), il lodo Alfano, lo scudo fiscale, i rapporti un po’ sì e un po’ no con Berlusconi.

 

 

Il Napolitano privato

Un privato, quello di Napolitano, tenuto lontano dai riflettori della vita pubblica: la moglie Clio Maria Bittoni, marchigiana, avvocato del lavoro, cresciuta anche lei nell’impegno politico, due figli, Giovanni e Giulio, first lady discreta e forse anche un po’ controvoglia, più contenta nel sedere accanto al marito in una poltrona a teatro che nell’affrontare i viaggi di Stato.

Per il resto, Napolitano è stato il presidente dei nove anni sul Colle, “Re Giorgio” lo definì il New York Times, garante dei governi più che della Costituzione strillavano gli oppositori, il “sì” della seconda volta quando capì il senso dell’impotenza parlamentare, il motore della democrazia che s’era imballato.

Firmò le dimissioni da Capo dello Stato qualche giorno prima della scadenza naturale: appose quella firma di mattina, al Quirinale quasi non fecero in tempo ad ammainare la bandiera che la sera lo avevano eletto di nuovo presidente. 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Settembre 2023, 21:45
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