Tassa extraprofitti, Meloni e l'assist a Salvini per la tregua elettorale: l'annuncio lasciato al “Capitano” leghista

Mesi di riflessioni sul provvedimento. Poi il via libera del premier e Giorgetti

Assist di Meloni a Salvini per la tregua elettorale, l'annuncio della misura lasciato al “Capitano”

di Francesco Bechis

Non è stato un fulmine a ciel sereno. La decisione del governo di imporre alle banche una tassa sugli extra-profitti è stata a lungo ponderata nel segreto delle stanze di Palazzo Chigi e del Mef. Custodita gelosamente fino all’ultimo minuto prima del Consiglio dei ministri di lunedì, come si conviene a una notizia che inevitabilmente ha un forte impatto su borse e mercati. Annunciata durante il Cdm fra lo stupore generale: quasi nessuno a quel tavolo ne era al corrente. Il vicepremier Matteo Salvini ha saputo da poco i dettagli. Ma non si fa prendere in contropiede, anzi. 

Extraprofitti, stangata di 3,2 miliardi sulle banche dopo una giornata tesa: il conto si abbassa

L’INCASSO DEL CARROCCIO

È lui a presentarsi a tarda sera in conferenza stampa e a rivendicare la stretta sugli istituti di credito, «una norma di equità sociale». La macchina social leghista si mette in moto, seguono tweet e grafiche festanti, a caratteri cubitali: «Tasse sugli extraprofitti delle banche che stanno beneficiando di guadagni miliardari grazie all’aumento dei tassi». Fioccano i like. Chissà che non diventino voti. 

Giorgia Meloni serve al “Capitano” leghista un assist a porta vuota. Evita i microfoni, la premier e timoniera di Fratelli d’Italia, meglio così per una conferenza stampa che rischierebbe di finire oscurata dalle polemiche sulle dichiarazioni di Marcello De Angelis, un vespaio che agita anche il suo partito. Intanto Salvini va all’incasso, con il tacito benestare della premier che in Cdm gli ha servito un secondo assist, il via libera alla deroga al tetto degli stipendi per la società che costruirà il Ponte sullo Stretto. È lastricata di queste reciproche intese la strada che porterà la maggioranza alle elezioni europee del giugno 2024, preferibilmente evitando «di farci la guerra» come ha chiesto Meloni in una recente riunione con i capigruppo. La “manovra Robin Hood”, così al governo hanno ribattezzato semiseri il prelievo alle banche, parte però da lontano. È Giorgetti a proporla già a inizio luglio, dopo i primi tentennamenti.

Meloni approva, consigliata fra gli altri dal fedelissimo Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario a Palazzo Chigi che da tempo auspica la linea dura con le banche. La tesi è semplice e il titolare del Mef e numero due della Lega l’ha più volte difesa alla luce del sole negli scorsi mesi. L’aumento dei tassi di interesse deciso in primavera dalla Banca centrale europea ha fatto fare “affari d’oro” alle banche italiane. Con margini di interesse schizzati alle stelle, del 40, del 50 per cento. Lo stesso però non è accaduto per i depositi: nella maggior parte dei casi sono rimasti legati ai vecchi tassi non più in vigore. In altre parole, riassume una fonte qualificata del governo, «clienti e correntisti sono stati lasciati indietro». Decisione forse legittima, nondimeno ritenuta «inopportuna» a Palazzo Chigi mentre l’inflazione divora i risparmi delle famiglie italiane. Gli incassi record degli istituti certificati dai dati del primo semestre del 2023 e rivendicati con ampie campagne pubblicitarie, insieme ai rumors sulla distribuzione di “dividendi monstre”, hanno fatto il resto. Eppure, rivendicano dal governo, i segnali non sono mancati. 

I SEGNALI

In queste ore in maggioranza c’è chi ha ripreso a sfogliare la relazione del governatore uscente di Banca d’Italia Ignazio Visco proprio durante l’assemblea dei banchieri italiani. E si sottolinea il passaggio in cui parla di «una minore pressione concorrenziale tra le banche sul segmento dei depositi in conto corrente» auspicando dunque «un graduale innalzamento, con corrispondenti, più decisi, incrementi dei tassi». 
Insomma, da più parti si è alzata la richiesta alle banche di adeguare i tassi di interesse ai depositi attivi. Né sono mancate nelle scorse settimane interlocuzioni riservate tra governo e Abi. Alla fine Meloni ha dato il via libera alla stretta e alla tassa. Un modo per fare cassa per le riforme sul lavoro in vista della manovra. L’obiettivo è aumentare stipendi e taglio del cuneo fiscale. E dare così un altro colpo alle barricate montate dalle opposizioni in difesa del salario minimo. 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 9 Agosto 2023, 08:25
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