L'ex premier: «Nel Comuni 69-57 per noi». Ma è sotto attacco

Alessandra Severini
La parola sconfitta non figura fra quelle usate da Matteo Renzi per commentare l'esito dei ballottaggi di domenica. L'intento è minimizzare il risultato elettorale, non certo entusiasmante per i dem. Così, sui social il segretario posta un grafico che evidenzia la vittoria del centrosinistra, tra i due turni, in 67 comuni rispetto ai 59 del centrodestra e agli 8 dei M5s. «Il risultato - ha scritto su facebook - non è un granché, poteva andare meglio. Ma non è un campanello d'allarme. Le amministrative sono altra cosa rispetto alle politiche».
La verità è che la sconfitta brucia. Il Pd è passato da 14 a 4 capoluoghi di provincia ed è sprofondato nella zone rosse: Genova, La Spezia, Pistoia, Piacenza. Il ministro Andrea Orlando incalza Renzi chiedendogli di «provare a convocare un tavolo di tutte le forze che si riconoscono nel centrosinistra». Un po' quel «centrosinistra unitario, largo e plurale» a cui punta l'ex sindaco di Milano, Pisapia. Ma a sinistra del Pd, i fuoriusciti di Mdp e SI, chiedono di «archiviare definitivamente le politiche errate del renzismo». Secondo i renziani, sia l'opposizione interna sia i bersaniani hanno come unico obiettivo quello di togliere a Renzi la leadership in vista della elezioni del 2018.
Ma la tensione attraversa anche il centrodestra che è riuscito a strappare 12 sindaci al centrosinistra ed è in effetti il vincitore di questa tornata. Lo scontro è sulla futura leadership e sulla legge elettorale. Silvio Berlusconi punta a una coalizione dal «chiaro profilo liberale, moderato, basato su radici cristiane», preferisce arrivare a fine legislatura, rilancia sul proporzionale e boccia l'idea di una lista unica. In più il Cav non esclude l'ipotesi di una grande coalizione con il Pd, qualora nessun partito dovesse prevalere alle politiche. Diversamente invece l'asse del Nord (formato dall'ala forzista capitanata dal governatore ligure Giovanni Toti, dal Carroccio di Matteo Salvini e da FdI) torna a chiedere il voto anticipato, teme un'alleanza col Pd in stile Nazareno e tifa per un sistema maggioritario che favorisca le coalizioni. «Gli italiani ci vogliono uniti, ma senza ammiccamenti a sinistra - avverte Salvini - Se FI insiste sul proporzionale non vuole vincere». Una posizione condivisa anche dalla leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Giugno 2017, 05:01