Il no di Virginia Raggi alle Olimpiadi
è solo paura di governare

Il no di Virginia Raggi alle Olimpiadi è solo paura di governare

di Alvaro Moretti
Un risultato concreto la candidatura di Roma 2024 nel giorno in cui tramonta, amaramente, lo ottiene: per la prima volta la sindaca Raggi tiene una conferenza stampa in Campidoglio, risponde ad una decina di domande nonostante a chiedere siano in 150 giornalisti venuti anche dall'estero per l'occasione.

Affida a slide assai generiche - da campagna elettorale continua - le ragioni del no alla candidatura, con molte imprecisioni figlie di un no che pare preconcetto e di una scarsa cultura del movimento olimpico, della sua storia, delle sue glorie e perfino dei suoi fallimenti.

Un no grande, in realtà, la Raggi lo pronuncia all'assunzione di una responsabilità di governo della città in nome della trasparenza, tanto invocata: perché un comitato per Roma 2024 con il M5S rappresentato niente di meno che dal sindaco e dai suoi era una grande occasione. Sprecata: ha avuto paura, la Raggi, di governare il processo di candidatura. E paura di farsi sostenere, magari, dall'Anticorruzione di Cantone. Paura di scoprire che l'Agenda Cio 2020 parla una lingua assai diversa da quella che ha portato al disavanzo delle tante città olimpiche, alcune delle quali in cambio del debito hanno avuto riqualificazioni che non sfuggono a chi ha conosciuto - ad esempio - Barcellona e Torino prima e dopo i giochi del 92 e 2006. 

I 5 Stelle avevano bisogno di questo no anti-italiano per ricompattarsi, questo è chiaro, non ci si nasconda però dietro il «che cosa è cambiato dai giorni del no di Monti nel 2012?». Perché da quel ritiro sono cambiati due premier (Monti, Letta ora Renzi), un presidente della Repubblica (Napolitano, ora Mattarella), il presidente del Coni (Petrucci allora, Malagò adesso) e - soprattutto - dopo Alemanno e Marino ora abbiamo Raggi, sindaca del principale partito di opposizione al Governo nazionale. Con uno strumento che allora non c'era: l'Anac di Cantone.

Roma esce dal gioco e rinuncia a 5 miliardi di investimenti di Cio e Governo, esce dal sogno di essere nel 2024 al centro del mondo come dovrebbe meritare questa città. In cambio di cosa lo scopriremo passando ogni giorno davanti allo stadio Flaminio destinato a morire o al Palazzetto di Viale Tiziano che attende una manutenzione che nessuno ha i soldi per fare. Tagliamo le corse dell'Atac, lasciando a piedi i cittadini, taglieremo anche lo sport ieri, comunque, maltrattato dalla gaffe dell'incontro saltato col presidente del Coni che - piaccia o non piaccia - rappresenta 11,3 milioni di sportivi. 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 22 Settembre 2016, 09:04
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