Mafia Capitale, Carminati: “Sembro il più scemo, voglio un processo sui miei processi”

Mafia Capitale, Carminati: “Sembro il più scemo, voglio un processo sui miei processi”

di Davide Manlio Ruffolo
Si è scagliato contro l’articolo di venerdì, uscito su L’Espresso e intitolato “Ricatto alla Repubblica”, il boss Massimo Carminati, nel corso dell’ultima udienza di Mafia Capitale. Il principale imputato del procedimento, in video collegamento con l’aula bunker di Rebibbia, dove si sta disputando il maxi processo, ha chiesto e ottenuto la parola per rilasciare una breve dichiarazione spontanea.

Al momento di prendere la parola, nell’aula interna al carcere, era piombato il silenzio. «L’Espresso ha pubblicato un articolo su di me, con la mia foto in copertina, nel quale si fa riferimento alla lista delle cassette di sicurezza che ho sottratto nel furto al caveau», ha esordito il boss. Il colpo del secolo, come viene definito da molti, era avvenuto nell’estate del 1999 all’interno della Banca di Roma che trovava posto nel palazzo di giustizia di piazzale Clodio. Un’operazione che aveva portato nelle tasche di Carminati svariati miliardi ma che, in realtà, avrebbe celato altro. Nell’articolo, in cui è stata diffusa la lista dei derubati tra cui figurano personaggi di spicco della magistratura italiana e dell’avvocatura, infatti, «si fa intendere che io ho corrotto i giudici del processo Pecorelli, i quali sono stati offesi. Ma io sono il più scemo», ha puntualizzato Carminati.

Per quel furto, in cui vennero svuotate ben 147 cassette di sicurezza, il boss di Mafia Capitale era stato condannato a 4 anni, tre dei quali non scontati grazie all’indulto. «Io non mi devo difendere solo in questo processo, ma anche in quello che sta succedendo fuori», ha proseguito Carminati. Poi, in conclusione del suo intervento e con tono battagliero, ha dichiarato «vorrei che venisse fatto un processo sui processi che si riferiscono a me, celebrati prima di questo giudizio». Al termine dell’intervento l’avvocato Giulio Vasaturo, legale dell’associazione Libera, ha precisato: «Credo che nella scelta di Carminati di rompere il silenzio per attaccare i giornalisti de L’Espresso e per sollecitare altri a non stare più zitti debba essere colto un segnale preciso, rivolto all’esterno dell’aula di giustizia, verso chi è in grado di recepirlo perfettamente». 
Ultimo aggiornamento: Martedì 25 Ottobre 2016, 09:40