Omicidio Roma, caccia ai complici: qualcuno
cercò di aiutare il killer a liberarsi del cadavare

Omicidio Roma, caccia ai complici: qualcuno cercò di aiutare il killer a liberarsi del cadavare

di Cristiana Mangani e Adelaide Pierucci
Parla Marco Prato, e la presunta verità sul delitto di Luca Varani si ribalta. Cambiano gli equilibri, sulla scena del crimine si inseriscono nuovi elementi, nuove persone, forse anche nuovi complici. Prato accusa Foffo, quasi in risposta al verbale di confessione nel quale Manuel lo descrive come un pazzo omicida, il vero ideatore dell'esecuzione. E nel mare di dichiarazioni rese davanti al gip Amoroso e al pm Scavo, i due si fanno la guerra per cercare di alleggerire le rispettive posizioni. «È stato lui a colpire al cuore Varani - racconta Prato in lacrime - Lui a ucciderlo senza pietà mentre Luca si lamentava e chiedeva di non morire. Voleva che partecipassi all'omicidio. Io ho provato a stringere le mani intorno al collo della vittima, ma non ci sono riuscito, e allora Foffo gli ha tagliato le corde vocali per paura che gridasse. Avevo pietà per quel ragazzo, ho preso un piumino e l'ho coperto. Poi Manuel è sceso al piano di sotto dove abita la madre che era in casa. Era tutto sporco di sangue. Ha preso degli stracci e mi ha costretto a pulire. Mi trattava come una femminuccia. Io gay e lui che si dichiarava etero. Ho detto mi voglio ammazzare, questa cosa è atroce».

I DUBBI
Poche ore più tardi, Foffo ripeterà al gip quanto già riferito il giorno dopo l'omicidio ai carabinieri di piazza Dante, assegnando il ruolo principale a Prato. Ma c'è qualcosa che nel racconto non convince. Particolari, situazioni, orari. E ora i militari stanno effettuando i riscontri sulla cella telefonica che copre la zona dell'appartamento al Collatino, per cercare di capire se qualcuno possa avere aiutato Manuel nelle ore successive al delitto. Qualcuno con il quale potrebbe aver cercato di trovare una soluzione per liberarsi del cadavere. Sono parecchie, infatti, le ore che passano dal momento in cui il giovane muore e i carabinieri ricevono la sua confessione. Il primo a sapere quello che è accaduto, è il padre: glielo dice mentre si stanno recando al funerale dello zio in Molise. Ma a quella cerimonia non si presenteranno mai, torneranno indietro e dopo qualche ora chiameranno l'avvocato Michele Andreano, e decideranno insieme che l'unica soluzione è costituirsi.
Il gip ha convalidato gli arresti, senza però contestare la premeditazione. E questo potrebbe far pensare che crede più verosimile la versione di Prato. Perché Marco, quelle giornate, le racconta così: «Io e Manuel ci siamo visti a casa sua due giorni prima dell'omicidio. Abbiamo bevuto di tutto, preso cocaina, anfetamine e crystal (una droga sintetica che fa perdere la percezione del tempo, ndr). Non è vero che ricattavo Foffo perché avevo un video hard su di lui. Era consenziente. E questi due giorni li abbiamo passati a fare sesso. Poi - continua, incoraggiato a parlare dal suo avvocato Pasquale Bartolo - venerdì mattina mi ha detto: “usciamo che voglio fare sesso violento con una donna”. Cercavamo una prostituta, non l'abbiamo trovata e abbiamo mandato l'sms a Varani».
 

GLI ALTRI INCONTRI
I due non sono stati sempre soli durante le 48 ore di follia. Sono andati a trovarli Alex Tiburtina e Giacomo. «Abbiamo preso cocaina e fatto sesso anche con loro - prosegue la confessione di Prato - È venuto pure un altro, oltre allo spacciatore, un dipendente del ristorante della famiglia di Manuel». Non è vero - secondo la sua ricostruzione - che Luca sia stato ucciso subito. I tre avevano cominciato ad avere dei rapporti. Giochi erotici particolarmente violenti che hanno probabilmente fatto scattare la reazione della vittima. Solo a quel punto è partita la follia omicida. Foffo ha comprato quattro boccette di Minias per Prato e gli ha pagato anche l'hotel dove poi avrebbe tentato il suicidio. Per lui, la procura sta valutando se ipotizzare il reato di istigazione al suicidio.
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Marzo 2016, 08:58
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