Stato-mafia, Napolitano depone al Colle.
"Ha risposto anche ai legali di Riina"

Stato-mafia, Napolitano depone nel processo sulla trattativa. "Ha risposto alle domande anche dei legali di Totò Riina"

di Alessandra Severini
ROMA - È durata oltre tre ore l'audizione del presidente Napolitano nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Davanti ai pm, saliti per la prima volta al Quirinale per ascoltare il capo dello Stato, Napolitano ha risposto a tutte le domande senza avvalersi delle prerogative costituzionali legate alla sua carica. Anche alla più delicata, quella in cui gli è stato chiesto se fosse stato a conoscenza degli «indicibili accordi» a cui aveva fatto riferimento il suo ex consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio, nella lettera del giugno 2012, in cui rassegnava le dimissioni dopo la diffusione delle sue intercettazioni con l'ex ministro Nicola Mancino.





La risposta del presidente della Repubblica è stata netta: «Non me ne parlò. Non discutevamo del passato. Guardavamo al futuro». Napolitano avrebbe descritto il suo rapporto con il fidato collaboratore, «un fedele servitore dello Stato», ribadendo di non aver mai parlato con lui di accordi più o meno oscuri tra pezzi dello Stato e boss mafiosi: «Se le sue fossero state più che ipotesi - avrebbe risposto Napolitano - sarebbe andato a riferirne alla magistratura».



Oltre ai magistrati di Palermo, domande sono state poste al presidente dal difensore di parte civile del Comune di Palermo e dai legali di Nicola Mancino e Totò Riina. Napolitano ha sempre risposto in tono fermo e pacato. «Da parte del capo dello Stato c'è stata una grande collaborazione. Ha risposto a tutto in modo molto ampio», ha confermato il procuratore di Palermo Leonardo Agueci.



Ora l'intera registrazione dell'audizione verrà trascritta e messa a disposizione di pm e difensori. Il Quirinale si augura che ciò avvenga in tempi brevi «affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all'opinione pubblica» dell'udienza nella sua interezza. Quel che sta a cuore al presidente della Repubblica è garantire all'intera vicenda, che tante polemiche ha sollevato, la necessaria trasparenza.



Il pm Nino Di Matteo si è detto comunque soddisfatto della testimonianza, poiché il presidente avrebbe detto di aver avuto la percezione, negli anni bui delle stragi, che Cosa nostra stesse seguendo una strategia ricattatoria nei confronti dello Stato. «In una domanda – ha spiegato Di Matteo a Servizio Pubblico - noi abbiamo utilizzato proprio il termine “ricatto di Cosa Nostra” nei confronti delle istituzioni e il teste ha confermato che quella era l'immediata percezione».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 29 Ottobre 2014, 09:29