Milano, ecco cos'ha causato l'esplosione in via Brioschi: "Il tubo del gas è stato manomesso" -Guarda

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Risulta manomesso il tubo del gas dell'appartamento in cui viveva Giuseppe Pellicanò, marito della donna morta per l'esplosione in via Brioschi e padre delle due bimbe gravemente ustionate e ora indagato per strage.
 
 


Il tubo del gas manomesso, svitato dal rubinetto a sfera sul muro e allacciato solo al piano cottura. È quel che hanno trovato inquirenti e investigatori che indagano sull'esplosione della palazzina in via Brioschi a Milano per la quale ora è accusato di strage Giuseppe Pellicanò, marito in via di separazione di Micaela Masella, morta assieme a una giovane coppia di origini marchigiane, e padre di due bimbe come lui ricoverate dallo scorso 12 giugno all'ospedale Niguarda per le gravi ustioni riportate.

L'uomo, pubblicitario di 51 anni, in cura per una brutta depressione, anche per via del suo matrimonio in dirittura d'arrivo, ha ricevuto un'informazione di garanzia contestuale a un avviso di accertamento tecnico non ripetibile che dovrà essere svolto in tempi celeri in quanto il tetto dei due appartamenti interessati dall'esplosione è a serio rischio di crollo e l'intero edificio (ovviamente evacuato e sotto sequestro) è pericolante. Accertamento per cui lunedì prossimo alle 10.30, il pm Elio Ramondini e l'aggiunto Nunzia Gatto conferiranno l'incarico all'ingegner Livio Colombo e alla polizia scientifica, mentre i familiari di Micaela Masella, rappresentati dagli avvocati Antonella Calcaterra e Franco Rossi Galante, nomineranno come loro consulente l'ingegner Massimo Bardazza.

Anche i parenti di Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi, i fidanzati della provincia di Macerata che hanno perso la vita nell'esplosione, potranno nominare un loro esperto di fiducia. Come si legge nel documento notificato ai legali, tra cui il difensore di Pellicanò, l'avv. Giorgio Perroni, i pm chiedono di accertare «la causa della fuoriuscita di gas» dall'abitazione dell'uomo, all'interno della quale è avvenuta l'esplosione, «con particolare riferimento alla manomissione volontaria dell' impianto del gas o di parti dell'impianto». E poi, tra l'altro, la conformità alla norma comunitaria «del tubo flessibile in acciaio» trovato «smontato», o meglio svitato, dal rubinetto sulla parete della cucina e «allacciato» solamente al piano cottura e l'eventuale esistenza di graffiature «compatibili con lo smontaggio». Nell'accertamento irripetibile si chiede anche ai consulenti di individuare eventuali tracce biologiche e impronte digitali sul tubo e sulle «parti dell'impianto del gas che sono risultate manomesse».

Ma dalle indagini finora svolte è anche emerso che nell' appartamento di Pellicanò la mattina dell'esplosione ci sarebbero stati 47 metri cubi di gas metano e che, dalle rilevazioni dell'A2A sul contatore, la fuoriuscita è stata di 6 metri cubi all'ora.
Si tratta di una quantità rilevantissima: basti pensare, è stato riferito, che per provocare un'esplosione è sufficiente un metro cubo e mezzo di gas metano. Inoltre, con questi dati inquirenti e investigatori hanno calcolato che il gas ha cominciato a fuoriuscire circa otto ore prima dello scoppio, cioè attorno all'una di notte. Dunque, dopo quasi due settimane di verifiche, in Procura si fa strada uno scenario ben diverso da quello inizialmente ipotizzato. Si pensa a un gesto volontario di un uomo che aveva seri problemi di depressione e un matrimonio che stava naufragando. Ma prima di tirare le conclusione sono necessari ulteriori approfondimenti per capire se davvero è successo quel che molti si rifiutano di credere e che, invece, non ha lasciato «sorpresi» i parenti della giovane coppia uccisa.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Giugno 2016, 18:52
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