Crac Maugeri, il pm: "Altro che regali,
Formigoni corrotto con milioni di euro"

Crac Maugeri, il pm: "Altro che regali, Formigoni corrotto con milioni di euro"
Prendeva mazzette dagli imprenditori della Sanità e faceva parte «di un gruppo criminale» che ha organizzato «una sistematica corruzione di cui lui ha beneficiato». È questo l'impietoso ritratto che il pm Laura Pedio, nel corso della sua requisitoria al processo Maugeri, ha tracciato dell'ex governatore Roberto Formigoni, eletto al Senato nelle file di Ncd.

Il Celeste è imputato insieme ad altre nove persone, tra cui il faccendiere Pierangelo Daccò (in carcere dal 2011 e condannato a 9 anni per la vicenda San Raffaele) e l'ex assessore lombardo alla Sanità Antonio Simone.

Secondo la ricostruzione del pm Pedio e del suo collega Antonio Pastore, dalle casse della Fondazione Maugeri tra il 1997 e il 2001 sarebbero usciti circa 61 milioni di euro, confluiti in conti e società di Daccò e Simone e tra il 2005 e il 2006 Mario Cal, dirigente del San Raffaele morto suicida nel luglio del 2011, avrebbe versato circa 9 milioni di euro in contanti a Daccò. Di questo fiume di denaro, «al minimo otto milioni di euro» sarebbero andati a Formigoni. Da archiviare come «ridicola», per i pm, la tesi sostenuta da Formigoni che vacanze, viaggi, l'uso esclusivo di yatch, il maxi sconto sulla villa in Sardegna acquistata dal suo amico e coinquilino Alberto Perego e i contributi per la campagna elettorale del 2010 fossero semplicemente delle «regalie tra amici».

«Solo Formigoni nel suo flusso di coscienza dibattimentale ha potuto dire questo ha sottolineato Pedio - e che lui ricambiava con qualche cena, ma sono affermazioni quasi offensive». «Oltre 70 milioni sono stati rubati ai malati della regione Lombardia, soldi destinati a curare i pazienti, ai posti letto, all'acquisto dei farmaci», ha rincarato la dose. Per questo, ha tuonato Pedio, «il metodo di Daccò era un cancro della sanità che si andava via via allargando». «Un metodo di pressioni sulle istituzioni pubbliche non basato su competenze tecniche, perché Daccò, lo ha ammesso lui stesso, non aveva competenze tecniche, ma su relazioni d'affari di tipo personale». Parole pesanti, alle quali Formigoni ha reagito con il silenzio. «Come ve lo devo dire che non voglio parlare?» si è sfogato con i cronisti. Si tornerà in aula l'11 aprile, quando i pm Pedio e Pastore faranno le loro richieste di condanna.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Aprile 2016, 09:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA