Cardona, da arbitro di serie A a Questore di Milano: "Priorità sicurezza, accoglienza e lotta alla criminalità organizzata"

Cardona, da arbitro di serie A a Questore di Milano: "Priorità sicurezza, accoglienza e lotta alla criminalità organizzata"

di Salvatore Garzillo
Marcello Cardona, 61 anni, nato a Milano da genitori calabresi, sposato e padre di due figlie, laureato in giurisprudenza, giornalista pubblicista ed ex arbitro di calcio: tra il 1990 e il 1996, infatti, ha diretto 32 partite in serie A e 63 in serie B. È entrato in polizia a 25 anni, il primo incarico è stato la guida della squadra mobile della questura di Sondrio. A Milano è arrivato nel 1982 per lavorare nella Criminalpol, dove è rimasto fino al 1995 e si è occupato di crimine organizzato. Nel 1996 si è trasferito a Roma, dove all’Ucigos si è occupato di terrorismo internazionale e gruppi eversivi di estrema destra. A fine anni ’90 è stato assegnato all’Ispettorato di polizia della Camera dei Deputati, dove ha svolto anche la funzione di collegamento alla Commissione Antimafia. È stato questore di Varese, Livorno e Catania, dove ha affrontato l’emergenza sbarchi.

Questore Cardona, al Cara di Mineo ha fatto molta esperienza sull’emergenza migranti. Un tema che anche a Milano è caldissimo, e incrocia quello della sicurezza. «Io credo che maggiore accoglienza significhi maggiore sicurezza. Entrare in sinergia profonda, umana, con queste persone significa anche poter avere indicazioni, segnalazioni, poter avere rispetto, ma dobbiamo anche rispettare. Ciò non toglie che i problemi del terrorismo ci siano e siano importanti, il nostro territorio è stato investito in modo fortunatamente positivo. E mi riferisco all’episodio di Amri».

C’è una parte della politica che sta portando avanti una dura campagna contro l’accoglienza. «Io credo che un grande passo in avanti in tutti i settori - dall’accoglienza a una maggiore sicurezza per strada - possa portare, giorno dopo giorno, a una vita serena che è quella che noi desideriamo che tutti i nostri cittadini abbiano. Anche attraverso una accoglienza organizzata e ben fatta il livello di sicurezza può aumentare in modo incredibile. Questo non vuol dire che quelli che protestano abbiano torto, ma migliore accoglienza significa migliore sicurezza e il nostro Paese in questo senso ha dato molte lezioni. Io sono molto fiducioso e ottimista: nella nostra città, nella nostra provincia, nei nostri territori si possono realizzare veramente dei progetti e dei modelli importanti da esportare anche a livello europeo».

Di sicurezza si parla molto, soprattutto dopo la morte del terrorista Anis Amri. «Il quadro della sicurezza a Milano è estremamente soddisfacente, facendo un paragone con le altre grandi città italiane e con le capitali europee. C’è una attività preventiva importante come hanno dimostrato l’organizzazione di Expo, l’episodio dell’attentatore di Berlino e come confermano le statistiche con i reati in calo del 5%. Dobbiamo quindi proseguire su questa strada con umiltà: la gente vuole vedere i poliziotti sempre disponibili».

Milano è un ritorno a casa per lei. Dall’85 al ‘92 ha diretto la Criminalpol e poi è andato al Sud. Quali sono le differenze e i rischi della nuova criminalità organizzata? «Non ci sono più i grandi delitti del passato, alla Epaminonda, ma sono consapevole che ci siano investimenti importanti delle organizzazioni che vanno intercettati, per tutelare gli investimenti leciti che sono attratti da una città come Milano. Al Sud il fenomeno ha grande evidenza, qui vi è una situazione sommersa che va combattuta con ancora più rigore per preservare gli investimenti internazionali e i posti di lavoro che creano».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Marzo 2017, 10:41
© RIPRODUZIONE RISERVATA