"Ruotolo ha ucciso per un diverbio":
testimone chiave un runner

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PORDENONE - «Testimone chiave è il runner, un atleta che stava facendo jogging attorno al palazzetto dello sport». Lo ha rivelato il Procuratore capo di Pordenone, Marco Martani, durante la conferenza stampa sugli ultimi sviluppi delle indagini sul duplice delitto al palasport, che ha visto l'arresto del 26enne Giosuè Ruotolo per per l'omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i due fidanzati suoi amici uccisi la notte del 17 marzo 2015. La fidanzata di Giosuè - Rosaria Patrone, studentessa di 24 anni, è stata raggiunta da un provvedimento di arresto e rinchiusa ai domiciliari.

«Ha incrociato le vittime - ha aggiunto Martani - che ricorda mentre stavano per salire sulla loro auto incamminandosi lungo via Amendola, indicando precisamente ai Carabinieri la zona dove si trovava in quell'istante. Lo stesso atleta ha completato il proprio allenamento nella stessa zona del parco di San Valentino. Si tratta di 420 metri percorsi in un lasso di tempo compreso tra due minuti e mezzo e tre minuti. La medesima telecamera inquadra trenta secondi prima la vettura di Ruotolo: cioè poco dopo che l'omicidio è stato commesso. La vettura di Ruotolo si doveva quindi per forza trovare nel luogo in cui l'omicidio è stato commesso». La stessa vettura, per Martani, «in una seconda curiosa coincidenza si ferma nel parco di San Valentino per un percorso di jogging: il tempo dichiarato da Ruotolo è incompatibile col tracciato riferito. Il percorso è invece compatibile con la possibilità di raggiungere la zona del laghetto dove è stata trovata la pistola. Non è vero nemmeno che la sosta fuori dal palasport è durata solo dieci minuti, ma almeno 25 minuti prima del momento in cui lo ritraggono in uscita dal parcheggio. Ruotolo è quindi rimasto nel parcheggio per molto tempo e tanti stalli si erano nel frattempo liberati: inverosimile quindi che egli si sia fermato per soli dieci minuti e senza poter lasciare l'auto in sosta in un parcheggio, come dichiarato per giustificare la propria presenza e l'improvvisa decisione di andarsene - ha concluso - proprio nei secondi in cui l'efferato crimine veniva consumato».

IL MOVENTE
Sarebbe legato al diverbio che vide protagonisti Giosué Ruotolo e Trifone Ragone il movente del duplice omicidio dei fidanzati. I dissapori nacquero quando i due commilitoni - ed ex coinquilini - furono protagonisti di un acceso scambio di vedute che degenerò fino allo scontro fisico. Da allora Ruotolo, secondo l'accusa, avrebbe pianificato la propria vendetta messa poi in atto la sera del 17 marzo nel parcheggio del palazzetto dello sport cittadini.

GRAVI INDIZI DI COLPEVOLEZZA
«Esistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Ruotolo per i quali si è evidenziata la sussistenza di esigenze cautelari: nel caso specifico ha inciso il pericolo di inquinamento delle prove poste in atto tanto da Ruotolo quanto dalla fidanzata Maria Rosaria Patrone». Lo ha detto il Procuratore di Pordenone Marco Martani. «Il quadro giudiziario nei confronti di Ruotolo si è andato progressivamente aggravando - ha precisato Martani - anche se dal mese di ottobre, dopo il primo interrogatorio, gli elementi a carico dell'indagato erano già molto consistenti.
Siamo nel più classico processo di carattere indiziario: non c'è Dna, né qualcuno che ha visto l'omicidio o il momento in cui si disfaceva dell'arma». «Siamo persuasi - ha sottolineato il Procuratore - che Ruotolo fosse presente sul luogo del delitto nelle fasi in cui questo si consumava: il suo veicolo, per sua stessa ammissione postuma, si trovava a otto metri e mezzo da quello delle vittime. Tuttavia la sua vettura è stata ripresa dalla videosorveglianza subito dopo nella zona del parco di San Valentino, esattamente dove poi è stata ritrovata l'arma del delitto. Fondamentale è stato il ruolo della tecnologia e la presenza delle telecamere della videosorveglianza».

Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Marzo 2016, 14:34
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