Secondo quanto accertato dagli investigatori, il magistrato avrebbe concesso in locazione l'immobile di sua proprietà a giovani donne romene, perché queste vi esercitassero la prostituzione, esigendo un canone di locazione superiore a quello di mercato, del quale richiedeva l'immediato pagamento in contanti, senza rilascio di alcuna ricevuta e senza le prescritte comunicazioni all'autorità di pubblica sicurezza relative alla identità degli alloggiati. L'appartamento formalmente era adibito a 'Casa vacanzè ed era pubblicizzato su numerosi siti internet, anche se all'esterno non vi era alcuna insegna.
Gli inquilini del palazzo e gli abitanti della zona si sono accorti di quello che avveniva e hanno segnalato alla Questura la presenza in quell'appartamento di un via-vai di uomini che, dopo aver sostato davanti alla palazzina ed avere fatto alcune telefonate con i cellulari, entravano nell'appartamento al primo piano e ne uscivano poco dopo. Nel corso di appostamenti i poliziotti hanno avuto conferma da alcuni 'clientì che nell'abitazione c'era una casa a 'luci rossè con ragazze contattate su un sito internet che effettuavano prestazioni sessuali a pagamento. Fingendosi clienti alcuni agenti di polizia sono entrati in casa e hanno accertato che dentro si trovavano tre donne che si stavano prostituendo. L'appartamento, tra l'altro, era collegato, attraverso una porta interna, all'abitazione che il magistrato occupava insieme alla compagna e tutti e due erano soliti accedere liberamente in quello confinante dove veniva esercitata la prostituzione, per poter stendere i panni sul comune terrazzo.
Per una sola stanza ciascuna donna straniera pagava in contanti al proprietario dell'appartamento 300 o 350 euro e la stanza, spesso, veniva contemporaneamente data in affitto a più di una persona. Secondo quanto accertato dagli investigatori, il magistrato e la sua compagna poliziotta sarebbero stati perfettamente consapevoli di quanto avveniva nell'appartamento. Non solo: Caracciolo aveva anche installato una telecamera all'ingresso che si è rivelata determinante ai fini delle indagini. Gli inquilini hanno pure riferito di aver ripetutamente notato l'indagato accompagnare ragazze in ascensore e fino all'appartamento, portando loro le valigie.
Le ragazze straniere che si prostituivano hanno raccontato inoltre che il magistrato solo qualche giorno prima era andato nell'appartamento per consegnare loro i prodotti per fare le pulizie, annunciando che nei giorni successivi avrebbero dovuto condividere la stanza già occupata con altre ragazze appena giunte, comportamento impensabile - secondo gli investigatori - in qualsiasi lecito rapporto di locazione.
Una delle ragazze, in particolare, ha anche riferito che, contattato il proprietario del B&B dopo aver trovato il numero di telefono in internet, si era lamentata con lui dell'esosità del prezzo e l'uomo aveva risposto che «non avrebbe avuto problemi a pagare una tale cifra», sottintendendo con ciò di essere consapevole che nel suo appartamento sarebbe stata svolta un'attività di prostituzione.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Luglio 2016, 17:57
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