Napoli. Raffiche contro i carabinieri:
la vendetta del boss latitante

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di Leandro Del Gaudio
«Dobbiamo pompare, dobbiamo pompare...», dice un tizio ad alta voce, con parole di rabbia. Voce rauca, graffiata dal dolore, parole graffiate dalla voglia di fare qualcosa. Di reagire a una offesa, di rispondere a uno sgarro, da qualcosa che brucia. Parlano un uomo e una donna, c'è fibrillazione a Secondigliano. Parole messe in stretto collegamento con quanto avvenuto la notte scorsa contro la stazione dei carabinieri di Secondigliano. Un collegamento reso necessario anche da un'altra espressione, che la dice tutta sulla potenzialità offensiva di certi contesti criminali, ma anche sulla loro capacità di organizzazione immediata: «Allora non hai capito? - urla l'uomo di prima alla donna - portami i fucili, devo avere i fucili pronti...».
 

Poi? Bum bum... almeno venti volte, una raffica di mitra che non ha precedenti. Mai si era arrivati a un gesto del genere, neppure nelle fasi più cruente delle faide che hanno insanguinato Secondigliano e Scampia, con almeno cento morti ammazzati negli ultimi dodici anni. Quindi? Cosa è accaduto? Riflettori puntati sulla decisione assunta dal Tribunale dei minori di Napoli, su richiesta della Procura dei Colli Aminei, ma anche e soprattutto su richiesta della Dda di Napoli. Due giorni fa, il possibile prologo e la possibile spiegazione di un gesto di simile violenza: il decreto di allontanamento temporaneo di due minori (due fratellini che hanno meno di quattro anni; non si aggiungono altri particolari a loro tutela), che sono stati sottratti alla madre. Sono i figli di una giovane donna incensurata e di un boss latitante, che da almeno tre anni semina terrore a Secondigliano. È ritenuto esponente del clan della Vannella grassi - i cosiddetti girati -, uno che riesce a far girare soldi agli affiliati, a tenere la cassa di droga e estorsioni e a commettere (come killer e come mandante) omicidi e reati di sangue. Due giorni fa, dunque, il prologo: sono stati i carabinieri ad entrare in casa della giovane donna, per portare via i bambini. Chiare le motivazioni del decreto: un provvedimento adottato a tutela degli stessi minori, di fronte al fatto che la donna ha incontrato il marito anche durante la sua latitanza, e in relazione a una sua parentela con un pentito. Una misura di precauzione temporanea, unica nel suo genere, almeno per quanto riguarda il contesto criminale napoletano.

Una decisione presa su input delle indagini del pool anticamorra guidato dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice.
Ma che fine fanno ora i bambini? Sono in località protetta fuori regione, non in una normale casa famiglia, di fronte alla prevedibile reazione del contesto criminale del boss latitante. Non possono incontrare la mamma, che nel frattempo si è appellata allo stesso Tribunale dei minori, che ha fissato una udienza il prossimo 30 giugno. Difesa dagli avvocati Claudio Davino e Luciano Santoianni, la donna spera di ottenere un anticipo dell'udienza, per chiedere ai giudici una revoca del provvedimento. Ma cosa scrivono per il momento i magistrati dei Colli Aminei? Poche righe con cui si fa riferimento al rischio corso dalla donna e dai suoi figli, anche in relazione alla parentela con un collaboratore di giustizia. Moglie di un boss latitante, con un parente pentito in casa, «non si è voluta sottoporre a misure di protezione, così facendo ha messo in pericolo l'incolumità dei figli minori». Quanto basta - ragionano i magistrati - per sospendere la patria potestà in attesa di una sentenza definitiva, quanto basta a sollevare un caso. A questo punto, la donna ha una sola strada per riabbracciare i propri figli: può decidere di aderire al programma di protezione, troncando i ponti con il marito latitante e mettendosi al riparo anche rispetto alle possibili vendette trasversali, quelle ordite per zittire un collaboratore di giustizia.Scenario delicato, che ha spinto gli inquirenti a muoversi d'anticipo - a ragionare alla Licurgo -, per sottrarre i figli a genitori incapaci di tutelarli e affidarli alla comunità.Una vicenda che si è poi arricchita di informazioni raccolte sul territorio.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Aprile 2016, 10:06
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