"Venite, l'ho ammazzato", la compagna lo evira e lo uccide

"Venite, l'ho ammazzato", la compagna lo evira e lo uccide
Otto coltellate tra il torace e l'addome, mentre gli stava preparando la colazione alle cinque del mattino come ogni giorno. Poi l'evirazione, sempre con lo stesso coltello da cucina. Infine la telefonata al 113: «Venite, ho appena ucciso il mio compagno». Verona Popescu, 50enne rumena ex badante dei genitori della vittima, il 63enne Claudio Palladino, è stata arrestata praticamente in flagranza di reato, con l'accusa di omicidio volontario aggravato.

Quando gli agenti della squadra volante sono arrivati sul posto, in via Mar Adriatico nella prima periferia di Modena, hanno trovato l'uomo, quadro nell'azienda 'Manitoù di Castelfranco Emilia (che produce macchine professionali per la movimentazione), in un lago di sangue. Riverso a terra, in bagno. Era già morto. La donna, in evidente stato di choc, ha fornito elementi concreti e dettagliati sulla dinamica dell'omicidio, l'esatto contrario di quanto fatto, invece, per quel che riguarda il movente. Da quel punto di vista gli inquirenti (il pm è Luca De Santis mentre il caso è in mano alla squadra mobile) non hanno trovato risposte logiche, sensate e percorribili. Il procuratore capo Lucia Musti, dopo l'interrogatorio che si è svolto in questura ha parlato di una ricostruzione 'fantasiosà, ma la sensazione è che il termine sia stato utilizzato per cautela rispetto al poco tempo trascorso dal delitto. Altre fonti parlano, invece, di dichiarazioni farneticanti, al di là della realtà.

Lo stesso avvocato d'ufficio della donna, difatti, chiederà una perizia sulla capacità d'intendere e di volere di Verona Popescu, sollevando anche dubbi sull'idoneità del carcere come misura detentiva per l'omicida rea-confessa. Le altre piste vengono per il momento escluse: non regge quella economica (Palladino aveva contribuito con i suoi soldi a fare in modo che il figlio di lei, ventenne, venisse ad abitare nella stessa palazzina), come non trova conferme l'ipotesi passionale. I due, conviventi, avevano una relazione ormai da anni e abitavano nello stesso appartamento di via Mar Adriatico da quando i genitori della vittima erano morti. Il 63enne veniva da un matrimonio che gli aveva dato una figlia, oggi trentenne. Non ci sono precedenti, tra i due, che possano 'motivarè il delitto. Vicini di casa e conoscenti descrivono, difatti, la relazione come stabile e mai problematica.

Probabilmente la scintilla è da ricercarsi in qualcosa di maturato all'interno delle mura domestiche e non necessariamente esposto all'esterno. Gli inquirenti hanno lasciato intendere che gli accertamenti sul corpo del 63enne (a breve l'autopsia) non saranno gli unici necessari. Anche lo stato di salute della donna dovrà essere vagliato con attenzione.

«Sulla sua confessione possiamo soltanto dire che - le parole del procuratore capo davanti agli organi di stampa - il racconto fornito sulla dinamica dei fatti è conforme alle prime risultanze della polizia scientifica.
Sotto questo punto di vista la confessione è credibile. Sul fronte del movente, invece, quanto riferito da lei è molto fantasioso. Sembra sincero, il suo racconto, ma è un racconto che induce il pm a fare accertamenti sulle condizioni di salute della signora». Lunedì si terrà l'interrogatorio di garanzia di Verona Popescu, un momento che potrebbe essere determinante, una una volta smaltito lo choc iniziale.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 23 Giugno 2017, 19:42
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