Libia,ls vedova Failla: "Liberazione pagata col sangue di mio marito"

Libia, la vedova Failla: "Liberazione pagata col sangue di mio marito"
Un vero e proprio atto d'accusa. «Lo Stato italiano ha fallito: la liberazione dei due ostaggi è stata pagata con il sangue di mio marito». Parole di rabbia pronunciate da Rosalba Failla, moglie di Salvatore, uno dei due tecnici italiani uccisi in Libia (l'altro è Fausto Piano) che chiede con forza che «non venga fatta l'autopsia« del marito a Tripoli, e che la salma »rientri integra» nel nostro Paese. Cresce tra i familiari di Failla lo sconforto per quanto accaduto ma anche la convinzione di chiedere alle istituzioni risposte chiare. 

«Se lo Stato non è stato capace di riportarmelo vivo - aggiunge la donna tramite il suo legale, l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi - ora almeno non lo faccia toccare in Libia, non voglio che l'autopsia venga fatta lì. Voglio che il corpo rientri integro e che l'autopsia venga fatta in Italia«. La moglie del tecnico prosegue affermando che la salma »la stanno trattando come carne da macello». Poi una nuova stoccata, forse indirizzata anche alle istituzioni.«Nessuno - dice - tra questi che stanno esultando per la liberazione ha avuto il coraggio di telefonarmi».

Parole forti che arrivano a 24 ore da quelle rilasciate venerdì in cui si chiedeva di fare luce sulle circostanze che hanno portato alla morte i tecnici della Bonatti e anche sulle falle del sistema di protezione disposto dalla società per cui lavoravano. «Abbiamo mantenuto uno stretto riserbo perchè eravamo consapevoli della delicatezza della situazione - hanno affermato i familiari di Failla -, ma adesso vogliamo risposte».

E ancora. «Dopo tante reticenze, segreti e misteri«, è »ora di pretendere delle spiegazioni». La domanda che si pongono è: «come è stato possibile che appena 24 ore dopo la morte dei due tecnici siano stati liberati gli altri due connazionali?».
Ultimo aggiornamento: Domenica 6 Marzo 2016, 09:08
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