Napoli, pentito rivela: "Genny ucciso per colpa mia ordinai io la stesa alla Sanità"
di Leandro Del Gaudio
C’è una pista agli atti delle indagini del pool anticamorra, qualcosa in più di una semplice ipotesi investigativa buona per tenere aperto un fascicolo. No, questa volta agli atti dell’inchiesta sulla morte del diciassette finisce il verbale di interrogatorio del boss pentito Carlo Lo Russo. È lui a spiegare il retroscena della cosiddetta «stesa» messa a segno all’alba del sei settembre di un anno fa, è lui a sgomberare il campo da altre suggestioni investigative: Genny Cesarano non è stato ammazzato perché amico di un piccolo delinquente di quartiere, a sua volta rimasto imbrigliato negli scontri al San Paolo, quelli di Napoli-Sampodoria dell’agosto del 2015, quando in curva gruppi di supporter azzurri se le diedero senza un motivo. No, qui il calcio e il tifo violento non c’entrano. Né c’entra la paranza dei bimbi, quelli di Pasquale e Emanuele Sibillo, con la scia di sangue che ha terrorizzato Forcella e parte dei Decumani. C’entra invece la camorra dell’area nord, quella che porta all’unico canale che conta in merito allo spaccio di droga, al corridoio che unisce il centro cittadino con le piazze di spaccio di Scampia e Secondigliano.
In sintesi, a detta di Carlo Lo Russo, ad uccidere Genny Cesarano sono stati killer dello stesso gruppo dei Lo Russo, mandati in fretta e furia alla Sanità in quella maledetta alba di fuoco e violenza, per vendicare un affronto subìto poche ore prima, con una «stesa» messa a segno a Miano, via Ianfolla, fino a qualche tempo fa feudo dello stesso boss-pentito.
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Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Settembre 2016, 10:26
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