"Tua figlia è una mongoloide, ve ne dovete andare" e lanciano secchiate di candeggina sulla ragazzina down

"Tua figlia è una mongoloide, ve ne dovete andare" e lanciano secchiate di candeggina sulla ragazzina down

di Dario Sautto
«Ve ne dovete andare, dovete lasciare l'alloggio. Tua figlia è una mongoloide». Le minacce vanno avanti per un anno, con pesanti insulti alla ragazzina di tredici anni affetta da sindrome di Down. Siamo a Boscoreale, in uno dei palazzoni del Piano Napoli di via Passanti Flocco, uno dei due quartieri di edilizia popolare creati dopo il terremoto per accogliere gli sfollati, noto alle cronache perché trasformato in piazza di spaccio di droga dal clan degli Aquino-Annunziata. Qui il contrasto tra famiglie è diventata una vera guerra. Tre persone da una parte, tre dall'altra. Due genitori con una figlia, stessa composizione del nucleo familiare. Entrambe le famiglie sono risultate assegnatarie per reddito di una casa popolare. Nel 2012 arriva la coppia più giovane - entrambi 42enni - con una ragazzina disabile e tante difficoltà. Maria (nome di fantasia) spesso resta a casa con la mamma e si trova ad assistere a discussioni con «la signora del piano di sopra».

Futili motivi, dalla goccia d'acqua caduta dai panni stesi al mozzicone di sigaretta ritrovato sul balcone. Dopo alcuni mesi, però, la situazione degenera. A raccontarlo sono state le stesse vittime e i testimoni ascoltati durante il processo che è stato celebrato dinanzi al giudice monocratico Mariaconcetta Criscuolo del tribunale di Torre Annunziata, e che si è chiuso ieri con la sentenza di primo grado. Alla fine del giudizio, i tre sono stati condannati per concorso in stalking con una pena di un anno ciascuno, nonostante l'accusa (la pm Barbara Aprea della Procura oplontina) avesse chiesto esattamente la metà, 6 mesi. Il giudice, infatti, ha ritenuto molto più gravi le accuse ed ha condannato i due coniugi 62enni Olimpia C. ed Enrico F., e la figlia 36enne Lucia F.: per tutti dodici mesi di reclusione, pena sospesa.

Al culmine dei vari atti persecutori poi denunciati ai carabinieri della stazione di Boscoreale, che avviarono le indagini agli ordini del luogotenente Massimo Serra addirittura secchiate d'acqua e candeggina gettate dal piano superiore per colpire la ragazzina, un vaso che sfiorò la giovane con tanto di minaccia («La prossima volta ti colpisco in faccia»), il distacco del contatore elettrico, schiuma da barba all'esterno della porta d'ingresso. Una serie di dispetti, piccoli e grandi, documentati dalle vittime e denunciati ai militari dell'Arma, che poi sono finiti agli atti del processo e sono stati in parte confermati anche da testimoni. L'obiettivo era liberare quell'alloggio per far spazio proprio alla figlia della coppia con la sua famiglia, che l'avrebbe occupato abusivamente. «Lasciate la casa, bastardi. O ve ne andate voi, o vi cacciamo noi» erano le minacce, accompagnate da insulti di ogni genere, in particolare proprio verso la ragazzina. «Urlavano sei una mongoloide a mia figlia e colpivano la porta con calci e pugni» ha raccontato la madre nel 2013. Ieri, a distanza di quasi tre anni da quell'esposto presentato in caserma, è arrivata la condanna per i presunti stalker.

Ma la situazione degli alloggi del Piano Napoli occupati abusivamente è ancora critica. Sono una decina, infatti, le case in cui vivono ancora persone che non ne avrebbero diritto, nonostante la stretta del Comune di Boscoreale e delle forze dell'ordine che ultimamente sono riusciti a liberarne alcuni. Spesso, come nei casi venuti fuori proprio dalle indagini antidroga dei carabinieri, alcune famiglie che gestiscono lo spaccio di droga nel quartiere riescono ad avere «a disposizione» appartamenti in cui far dormire i pusher «a contratto» ingaggiati per rimpiazzare quelli arrestati.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 26 Ottobre 2016, 09:56