Il paracadute non si apre, muore un istruttore. La verità nella telecamerina
Di pari passo il magistrato ha subito avviato le indagini per cercare di ricostruire l’incidente e chiarire la dinamica. Oltre a proseguire con l’ascolto di altri testimoni, la procura ha visionato anche le immagini di una telecamerina posta sul casco di uno dei tre paracadutisti che si erano lanciati con Pezzuto nella speranza di cogliere elementi utili per capire quanto è successo.
Secondo alcune indiscrezioni sembra che i quattro paracadutisti si sono lanciati da una altezza di circa 3.600 metri. Il lancio era stato previsto per provare alcune figure acrobatiche da riproporre nel pomeriggio quando era in programma una dimostrazione. Tutto si sarebbe svolto regolarmente fino a quando , e questo è il uno dei due aspetti da chiarire, nel comporre la figura in verticale i paracaduti dei quattro si sono imbrigliati tra di loro. In questi casi è previsto che entro i 900 metri bisogna azionare il paracadute di emergenza. Ed è quanto hanno fatto gli altri tre paracadutisti che sono riusciti ad atterrare senza problemi. I paracadute di riserva di Pezzuto invece non si sarebbe aperto. L’uomo infatti è caduto schiantandosi all’interno del depuratore della Ciip di San Marco. Per lui non c’è stato scampo. La salma sarà riconsegnata alla famiglia, i funerali si terranno a Bari sua città natale. Pezzuto considerava la Fly Zone come casa sua e Antonio Guzzo, direttore dell’aviosuperficie, era un amico fraterno per l’uomo volante che aveva nel sangue il paracadutismo e che è morto istruiva in volo i suoi allievi in un quadri plano. Tutti esperti paracadutisti, ma qualcosa è andato storto.
Ultimo aggiornamento: Martedì 6 Giugno 2017, 09:41
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