Elena Ceste, confermata la condanna a 30 anni per il marito Michele

Elena Ceste, confermata la condanna a 30 anni per il marito Michele
Colpevole. Per la seconda volta Michele Buoninconti viene marchiato come uxoricida: è lui ad avere ucciso la moglie, Elena Ceste, scomparsa da Costigliole d'Asti il 24 gennaio 2014 e ritrovata senza vita in un rigagnolo a poche centinaia di metri da casa il 18 ottobre successivo. A stabilirlo, oggi, è stata Corte d'Assise d'appello di Torino, che ha confermato i trent'anni di carcere inflitti in primo grado. Un delitto premeditato. Il cui movente, in attesa che i giudici subalpini depositino le motivazioni della condanna, resta quello scolpito dal gup Roberto Amerio nella sentenza precedente: l'idea, insopportabile, che la donna cercasse di evadere da una routine che la vedeva chiusa «nel bozzolo di madre e moglie sottomessa».

«Dopo il grande lavoro svolto dalla procura noi non avevamo dubbi» dice uno degli avvocati di parte civile per la famiglia, Carlo Tabbia, mentre la collega che lo affianca, Deborah Abate Zaro, sottolinea come la Corte abbia disposto il sequestro preventivo di tutti i beni dell'imputato. «Conti correnti - spiega - e un terzo della casa. A garanzia del futuro dei suoi quattro figli». I legali, nei giorni scorsi, avevano lamentato come Buoninconti (oggi detenuto a Verbania) non versasse «almeno dallo scorso giugno» il denaro pattuito (600 euro) e non avesse rinunciato all'eredità di Elena. In lacrime i genitori della donna.

Gli avvocati difensori, Enrico Scolari e Giuseppe Marazzita, dicono che l'uomo, al momento della lettura della sentenza nell'aula chiusa al pubblico, è rimasto «tranquillo». «È sorretto da una salda fede religiosa - spiegano - ed è convinto che esiste un giudice che gli darà ragione. Vorrebbe riabbracciare i figli. Ma lo addolora pensare che lo credano un assassino». Quasi certamente ci sarà un nuovo round in Cassazione. La prospettiva offerta da Scolari e Marazzita è rovesciata rispetto a quella dei giudici: «Non solo Buoninconti è innocente. Questo non è nemmeno un omicidio». Una disgrazia, o un malore che colpì una donna psicologicamente fragile.

Ma il gup Amerio stabilì che Elena fu probabilmente strangolata. «»Abbiamo presentato nuova documentazione - affermano ancora i due legali - e al processo è stata respinta la nostra richiesta di svolgere altre perizie. Di sicuro la scelta del rito abbreviato (processo basato sulle carte raccolte durante le indagini - ndr) fatta dai nostri predecessori non è stata di aiuto all'imputato. Ma la partita non è finita«. 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Febbraio 2017, 20:47
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