«Non sapevo di non poter usare Facebook e l'ho fatto per contattare i miei figli senza urtare alcuna sensibilità. Non userò più i social», ha spiegato la Matei al Tribunale di sorveglianza di Venezia rilasciando dichiarazioni spontanee per riavere la semilibertà che le è stata sospesa per l'uso di Fb, sotto pseudonimo. La donna grazie al provvedimento meno restrittivo poteva andare in ore diurne a lavorare in una pizzeria da circa un anno. L'udienza, su richiesta della Matei, è stata a porte chiuse ma a riferire le parole della donna è stato il suo legale Nino Marazzita che ha sottolineato che «il comportamento della magistratura veneziana di fronte ad una vicenda così delicata è stato esemplare». «Confidiamo - ha detto Marazzita con il collega Carlo Testa Piccolomini - sull'apporto del Pg che ha detto che il comportamento di Matei 'non è un vulnus che interrompe il processo educativò».
Marazzita ha anche ricordato che, caso insolito, in udienza è stato ricostruito l'iter processuale che ha visto protagonista Doina Matei con «il clima pesante al limite del razzismo che lo ha accompagnato, con uomini che facevano il saluto romano e impedivano il dibattimento durante le udienze».
A sostegno di Matei i suoi legali hanno prodotto numerose testimonianze e dichiarazioni scritte sul comportamento irreprensibile della donna nel suo iter carcerario tanto che non ha mai utilizzato in modo improprio neppure il cellulare (con numeri vincolati) di cui si era dotata mentre «sull'uso di Facebook - ha concluso - non è stata fatta neppure un'indagine da parte della polizia giudiziaria».
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Maggio 2016, 14:17
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