Dario Fo, il ricordo di Oscar Eleni: "Ho visto un re..."

Dario Fo, il ricordo di Oscar Eleni: "Ho visto un re..."

di Oscar Eleni
Abbiamo visto un re e noi, fuscelli ribelli di quella Milano dove gli anarchici morivano accidentalmente, gli abbiamo voluto bene. Dario Fo ha cambiato tante cose nella vita di chi cercava qualcosa che fosse speciale e che divenne straordinario grazie a quel meraviglioso animatore culturale. Il suo gramelot divenne il nostro perché ci potevi anche litigare, contestarne certe scelte, come alla fine del suo viaggio, ma se non finiva in ciucca era comunque un momento per cambiare almeno certi punti di vista. Eravamo prigionieri, ci sentivamo tali, ma se alla sera potevi scappare dalle riunioni familiari, se, dopo aver nascosto i “giornali del peccato”, in case dove giravano soltanto quelli del benpensare anche se malsano, trovavi il mezzo per andare al vecchio Verziere di Milano ti sentivi davvero libero. Speciale. Là, in quella palazzina Liberty ideata dal Migliorini nel 1908, nella piazza che era stata dedicata ai Marinai d’Italia ( oggi ha un nome diverso ed è conosciuta come parco Vittorio Formentaro), entravi in tante isole che prima pensavi non potessero esistere. La prima volta ci aveva portato Silvio Trevisani, eccellente giornalista dell’Unità, corrispondente da Polonia, Ungheria, caposervizio allo sport, ma, prima ancora arbitro di basket, anche quando lavorava per la Comune della coppia FO-Rame. Ne aveva curato immagine e risorse, ci piaceva ascoltare le sue storie quando Franca Rame se la prendeva con Dario Fo e poi finiva tutto in un abbraccio e nasceva qualcosa che ti faceva crescere, sentire diverso, scoprendo che il mondo ha un senso se fai sempre i conti con la coscienza della gente.
 
 


Era un tipo di maestro che seguivi volentieri, magari anche soltanto pagando le quote per i vari soccorsi che gli sembravano degni di essere sostenuti. Non era un caso trovarselo davanti quando c’era da fare battaglia. Ecclettico, affabulatore che ti stregava. Generoso con chi lo meritava, per lui, a dire la verità, lo meritavano quasi tutti, meno quelli che ingannavano la gente, che vedevano un re e si genuflettevano invece di chiedergli pane e lavoro. Le notti alla palazzina Liberty erano davvero i corsi accelerati per l’educazione di una gioventù che aveva bisogno di riscoprire il vangelo della vita dedicata agli altri e anche quando il suo genio ti portava nei misteri buffi della fede capivi che non era per dissacrare, ma soltanto per farti pensare, obbligandoti a cercare una verità che non poteva essere soltanto quella del regime dominante in quel momento. Era un premio Nobel e qui c’era chi lo dileggiava. Lui ne rideva, guardava e passava. Era un grande artista, ma gli hanno fatto sgambetti in tanti. Lui li ha ringraziati. Ogni ostacolo saliva più in alto. Ha insegnato, ha divertito, ci ha fatto da tutore senza che la sua cultura diventasse una catena, una prigione da dove guardare senza fare niente per essere civilmente almeno decenti, dopo tanta mediocrità. Era il suo teatro a farci vedere dove i tartufi nascondevano la testa. Nella nostra repubblica un po’ anarchica questo re ci stava benissimo. Se ne è andato, ci mancherà, ma per un attimo. Poi tornerà in scena perché è dentro di noi, sarà sempre con noi.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Ottobre 2016, 12:31
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