Concordia, per Schettino condanna confermata in Appello: 16 anni

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L'ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni di carcere, confermando così la condanna in primo grado, per il naufragio della Concordia a Francesco Schettino che provocò 32 vittime il 13 gennaio 2012. Lo ha deciso stasera la corte d'appello di Firenze. 

La sentenza è stata letta dal presidente della Corte, Grazia D'Onofrio, al termine di una camera di consiglio durata otto ore. Alla lettura della sentenza, l'imputato era assente. Schettino non si è mai presentato alle udienze del processo d'appello ed anche oggi è rimasto nella sua casa di Meta di Sorrento. In appello, il sostituto procuratore della Procura generale distrettuale, Giancarlo Ferrucci, aveva chiesto 27 anni di reclusione e tre mesi di arresto. La sentenza del Tribunale di Grosseto è stata emessa l'11 febbraio 2015. 

DIFESA SCHETTINO, VOGLIAMO CAPIRE MOTIVI CONDANNA «Non c'è nessun commento da fare, fra tre mesi leggeremo le motivazioni della sentenza e allora commenteremo. Vogliamo capire come mai la Corte è arrivata a confermare la condanna». Sono state queste le prime parole dell'avvocato Donato Laino, difensore di Francesco Schettino, alla sentenza della Corte d'Appello che ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione e un mese di arresto per il naufragio della Costa Concordia. Il difensore ha comunicato la sentenza con una telefonata al suo cliente. «Qual è lo stato d'animo di Schettino? Amareggiato? Vi potete immaginare», ha risposto Laino ai giornalisti. «La sentenza non ha tenuto in conto le nostre argomentazioni». «Ci aspettavamo qualsiasi cosa. L'importante è avere la coscienza a posto», ha aggiunto Laino. «Ora però sarà importante leggere le motivazioni per capire cosa è successo».

SCHETTINO FARÀ RICORSO IN CASSAZIONE «Leggeremo le motivazioni della sentenza e sicuramente faremo ricorso in Cassazione». Lo ha detto l'avvocato Donato Laino, difensore di Francesco Schettino.

 
 

BARRICATO IN CASA Pensava di uscire stamane a prendere un caffè nel bar principale di Metà (Napoli) ma, essendo la sua casa presidiata da giornalisti e fotografi, ha desistito; il comandante Francesco Schettino è così rimasto a casa sua, nel vicoletto San Cristofaro al numero 10. Con lui la figlia, la sorella e il fratello. «Non parla, non lo farà, ha demandato tutto ai suoi avvocati» fa sapere chi gli sta vicino. 

IL NAUFRAGIO ALL'ISOLA DEL GIGLIO Il 13 gennaio 2012 la Costa Concordia era in navigazione da Civitavecchia a Savona. Era una crociera nel mar Mediterraneo della compagnia Costa Crociere, un itinerario di successo tra la clientela, anche in mesi invernali. A bordo, tra passeggeri e membri dell'equipaggio, 4.229 persone. Il comandante Francesco Schettino ordinò una rotta ravvicinata all'Isola del Giglio, per motivi turistici, e delegò la plancia di comando a seguirla mentre era a cena in un ristorante della nave. Quando Schettino andò a riprendere il comando, la nave era sulla rotta sbagliata, puntava l'isola e solo all'ultimo istante, notando il riflesso di scogli affioranti, tentò un manovra correttiva che però non ebbe esito positivo. L'urto fu alle 21.45, di sera. Si parlò di 'inchinò ma l'intenzione era di una navigazione parallela per 'salutarè l'isola e le sue luci. Le rocce squarciarono l'acciaio, la nave andò fuori controllo, scarrocciò nella baia davanti all'isola e poi, spinta da un vento di grecale e dalle correnti, si adagiò su un fianco davanti al porto del Giglio. Nell'urto non morì nessuno, ma nelle ore successive 32 persone non uscirono vive dalla Concordia, bambini compresi. Gli altri si misero in salvo, graziati dalla vicinanza dell'isola che si mobilitò nei soccorso. I soccorsi proseguirono anche nei giorni successivi. Non tutti i dispersi morirono. A distanza di tempo furono trovati ancora vivi una coppia di giovani sposi coreani ed il commissario di bordo Manrico Giampedroni con una gamba fratturata. Invece il comandante della nave Francesco Schettino venne fermato poche ore dopo il naufragio sull'isola. Fu portato in carcere. Scarcerato, da allora è impegnato a far valere una sua verità che - in base ai riscontri tecnici emersi nel tempo - gli fanno attribuire colpe importanti agli ufficiali che si trovarono in plancia di comando quella sera, che secondo lui non lo avvisarono per tempo della rotta verso l'isola, e al timoniere indonesiano che per incomprensioni linguistiche equivocò l'ultimo ordine decisivo, dato da Schettino in inglese, virando dalla parte opposta al necessario.


 
Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Maggio 2016, 22:00
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