"Antonio come Fortuna". La sorella dell'orco: l'ha gettato la madre per vendetta contro il compagno

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di Daniela De Crescenzo
27 aprile 2013: dalla finestra dell'appartamento dell'ottavo piano dell'isolato 3 del Parco Verde precipita Antonio Giglio, 4 anni. 28 giugno 2014: dallo stesso appartamento viene lanciata Fortuna Loffredo, 5 anni, che in famiglia tutti chiamano Chicca. 30 maggio 2016: i carabinieri arrestano Raimondo Caputo, il patrigno di Antonio: sarebbe stato lui a lanciare la bambina dal terrazzo. L'uomo in quel momento si trova agli arresti per molestie nei confronti delle due bambine della compagna e della sua stessa figlia di tre anni. La madre delle bimbe, Marianna Fabozzi, è invece ai domiciliari: avrebbe coperto l'amante.Manette scattate, giallo risolto. E invece no.

Invece no, perché non è ancora chiaro chi e perché abbia ammazzato Antonio: l'avvocato della famiglia Loffredo, Angelo Pisani, chiede la riesumazione per accertare se anche lui sia stato violentato. Invece no, perché non è normale che due bambini precipitino al suolo dallo stesso palazzo nell'arco di 14 mesi. Invece no, perché non capita tutti i giorni che nel palazzo abitato dall'orco ci sia un'altra coppia che violenta una bambina: ed è questo che è successo nell'isolato 3 dove a novembre sono stati arrestati Marianna Fabozzi, 27 anni, mamma della piccola vittima, e il suo convivente Raimondo Caputo, 32 anni. Invece no, perché se in un fabbricato vengono disattivate sessanta microspie, ti viene il dubbio che ci sia tanto da nascondere: le violenze ai bambini, ma anche lo spaccio, e non si sa che altro. E allora cominciamo daccapo. Cominciamo dal 27 aprile del 2013. E da una quasi certezza: Antonio non è stato ammazzato da Caputo, come pure si sarebbe tentati di pensare, per un motivo non da poco: quel giorno Titò, come nel rione chiamano l'uomo, non era in casa. Di più: non era al parco Verde.

Ma nell'appartamento della morte c'era sua sorella, Antonietta Caputo. La donna abita nella Vela Celeste di Scampia e basta entrare nello sfacelo che resta dell'architettura avveniristica per trovarla. Se chiedi di lei ti accompagnano fino alla porta. E le donne avvertono: «Quando Raimondo è venuto qua a Scampia lo abbiamo riempito di mazzate».

Il resto lo spiega Antonietta. «Quel giorno ero in casa con Antonio, sua madre, Mariana Fabozzi, e sua nonna, Angela Angelino. Eravamo solo noi tre, Titò non c'era. Sul palazzo volteggiava un elicottero. Mamma e figlio andarono nella stanza da letto e si affacciarono alla finestra. Dopo qualche minuto Marianna tornò da noi in preda a una crisi isterica: é caduto, gridava, Antonio è caduto, si è buttato giù». Poi arrivarono i carabinieri e Antonietta diede la sua versione dei fatti, contrastante con quella delle altre due donne. Queste sostenevano che nella stanza con il bimbo non c'era nessuno al momento della caduta: «Cercarono di convincermi a dire una menzogna, ma non era possibile. Sulle creature non si mente». Qualche mese dopo fu Titò ad andare a Scampia a parlare con la sorella: «Ma io e le altre donne lo aggredimmo. Qui nelle Vele non siamo tutti santi, ma i bambini non li tocchiamo», chiarisce Antonietta che poi rincara la dose: «Mio fratello non ha ammazzato Antonio, ma se ha fatto del male alle bambine deve pagare. Per lui non ci deve essere pietà». Dunque: Antonio non è stato ammazzato da Titò...

 
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Maggio 2016, 17:45
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