Strage di delfini: i volontari documentano la mattanza tra il sangue e le grida degli animali -Foto

Strage di delfini: i volontari documentano la mattanza tra il sangue e le grida degli animali

di Remo Sabatini
Taiji, la baia dove muoiono i delfini. Dopo giorni di caccia infruttuosa la baia di Taiji, località che prende il nome dalla piccola cittadina giapponese affacciata sul Pacifico, questa mattina è tornata a tingersi di rosso. Oltre 35 delfini, infatti, sono stati spinti all’interno della baia dalle imbarcazioni dei pescatori che ne hanno fatto strage.

Il massacro è stato osservato a distanza anche dai volontari di Sea Shepherd (Cove Guardians) che da tempo sono presenti nell’area per denunciare al mondo questa tragica pratica di caccia che si ripete di anno in anno in barba alle proteste sempre più pesanti che arrivano da ogni parte del globo, Giappone compreso.





Taiji e la sua baia erano divenuti famosi dopo l’uscita del pluripremiato film documentario The Cove, vincitore dell’Oscar nel 2010. La pellicola, struggente e drammatica al tempo stesso, raccontava per la prima volta lo strazio dei delfini arpionati e uccisi barbaramente a pochi metri dalla spiaggia.

Le grida dei delfini e il sangue che letteralmente coloravano l’intera baia di rosso, avevano richiamato l’attenzione della stampa internazionale e, soprattutto dell’opinione pubblica che aveva cominciato a protestare con le autorità locali e con il Governo.





La “tradizionale caccia al delfino” come l’aveva definita un esponente del preposto ministero giapponese, non sarebbe stata, tuttavia, cancellata e le reiterate manifestazioni di Richard O’ Barry, artefice dell’inchiesta giornalistica ed ex addestratore (pentito) di delfini degli anni Sessanta, sarebbero continuate. Obiettivo? Parlare alla gente, informare, tenere viva l’attenzione per non dimenticare. Di risultati, in questi anni e nonostante tutto, ce ne sono stati. La carne dei delfini che finiva nei supermercati e nelle pescherie è finita sotto i riflettori. E’ nota da tempo l’alta percentuale di metalli pesanti presente nelle carni di predatori marini come squali e delfini. Per non parlare della selezione di tursiopi da destinare a delfinari e acquari che, documentata, veniva svolta in mezzo a quel ribollire di schiuma e sangue, tra animali feriti che cercavano disperatamente la fuga e animali morti tirati su da pescatori senza scrupoli in cerca di magri guadagni. La questione delfinari e spettacoli negli acquari sarebbe tornata in auge anche in questi ultimi giorni con la scomparsa di Tilikum, uno splendido maschio di Orca Marina che, dopo oltre trent’anni di cattività è morto in una vasca tanto grande che non riusciva nemmeno a girarsi.

Già, ma questa è un’altra storia.
Un’altra brutta storia.

Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Gennaio 2017, 17:25
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