Squalo uccide ragazzina 17enne: caccia al killer dei mari. Giusto ucciderli preventivamente? -Foto

Squalo uccide ragazzina 17enne: caccia al killer dei mari. Giusto ucciderli preventivamente?

di Remo Sabatini
La drammatica vicenda che è costata la vita alla giovane surfista in Australia, ha riportato sulla cresta dell'onda la questione squali. Ucciderli preventivamente, prima che si avvicinino troppo alle zone frequentate dagli amanti del surf, sembra essere, nuovamente, la tesi preponderante e imprescindibile cui stanno pensando le autorità locali per "risolvere" il problema.

Si chiamava Laeticia Brown, 17 anni, bionda, era in acqua. Un giorno qualunque, uno come tanti altri. Poi, d'improvviso, qualcosa l'aveva colpita. Qualcosa di grosso, di impensabile. 
Pochi attimi e quelle urla e tutto quel casino avrebbero richiamato i soccorsi. Poi, la corsa in ospedale dove, purtroppo, la giovane non sarebbe sopravvissuta.

Spiagge chiuse. Pattuglie in mare alla ricerca del colpevole. Tutto, come in un film, si ripeteva, di nuovo e ancora. Laeticia doveva essere vendicata. E poi, c'era quel mostro da uccidere. Adesso. Ora! 
Le acque del Western Australia, così come quelle sudafricane o californiane o delle Canarie, sono particolarmente apprezzate dagli appassionati della tavola da surf. Onde magnifiche e scenari selvaggi che soltanto l'oceano può regalare, sono argomenti irresistibili per chi pratica questo sport. Il problema, però, nasce dal fatto che quelle stesse acque di quegli stessi affascinanti Paesi, sono il territorio di caccia di molti dei grandi squali considerati pericolosi anche per l'uomo. Dallo squalo zambesi al tigre, dal longimano al mako fino al famigerato squalo bianco, tutti pattugliano quelle acque e quelle coste alla ricerca di cibo. E allora, raramente, tanto raramente che è molto più facile perdere la vita a causa di una noce di cocco che cade dall'albero, un tragico errore può capitare.

NON SIAMO SUL LORO MENU'. Se così non fosse, con migliaia e migliaia di surfisti e milioni di bagnanti, si registrerebbero decine e decine di attacchi al giorno. E allora? La verità è che per gli squali, come pranzo non siamo un granché. Troppo poco grasso? Probabile. Quindi, perché ci mordono?

ERRORE? Sì, nella stragrande maggioranza degli "attacchi" a surfisti, si può tranquillamente parlare di errore. Nel caso dello squalo bianco, ad esempio, una tavola che sfreccia sulle onde, così come braccia e gambe a penzoloni, viste da sotto somigliano incredibilmente alla sua preda preferita. I leoni marini, infatti, si comportano esattamente come un surfista, anche se infinitamente più agili e veloci. In Sudafrica, poi, ho visto centinaia di volte leoni marini sguazzare tra i surfisti e cavalcare le stesse onde. Da qui, il passo che può portare un grosso squalo a confondere la preda o, comunque ad investigare, il passo è breve.

"IL MARE È IL LORO MONDO, NON IL NOSTRO". Qualcuno, tanto tempo fa, amava ricordare quello che personaggi come Quilici e Vailati, Hass e Gimbel e altri pionieri della scoperta della vita negli oceani, ben sanno. Quel qualcuno era uno dei figli di Cousteau che, probabilmente, aveva fatto suo quel refrain dalla viva voce del padre. Un "ritornello", quello, che ormai non si usa più. Tanto che, soltanto a pronunciarsi, un vespaio di lettori si aizzerebbe contro. "Ma come? Non si può stare tranquilli nemmeno in mezzo all'oceano? Se c'è un pericolo va eliminato!". Così va in scena la solita vecchia storia. La si conosce già e fin troppo bene. Ogni tanto si pattuglia. Si fa fuori qualche decina (o centinaia?) di squali, si piazzano ami (talmente selettivi che abboccherebbe anche una medusa) e, a tempo perso, si tenta di liberare qualche delfino o tartaruga o balena dalle reti, si sequestra qualche decina di mascelle, fresche di espianto, ai soliti eroi della domenica travestiti da Franco Nero.
Intanto, e però, in Australia si sta pensando a disseminare la costa con delle boe tutte colorate. Sotto, e legate a quelle boe tutte colorate, corde e catene. Un po' più giù, un grosso amo ed un'appetitosa esca. 
L'irresistibile scioglievolezza dello SHARK CULL (così viene denominata la pratica "spiagge sicure") potrebbe tornare in voga e provocare i soliti, annunciati disastri.

Come se non fossero abbastanza i 90 milioni di squali sterminati dall'uomo ogni anno per via dello SHARK FINNING o della pesca non più sostenibile, si prosegue con la legge del Far West. Perché non ci basta più la terraferma, vogliamo anche il mare.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 20 Aprile 2017, 16:04
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