Papa Francesco preoccupato per la Brexit: "Serve una Europa che non alzi muri"

Papa Francesco preoccupato per la Brexit: "Serve una Europa che non alzi muri"

di Franca Giansoldati
DA BORDO DELL'AEREO PAPALE Il futuro dell'Europa, la pace tra Armenia e Turchia, il pensiero ai giovani senza lavoro e alla strage di Orlando. “I cristiani devono chiedere perdono ai gay, così come lo devono chiedere ai poveri e alle donne sfruttate”. Poi un pensiero di gratitudine al Papa Emerito Ratzinger, che la prossima settimana festeggia il 65esimo anniversario di sacerdozio. “E' colui che mi copre le spalle con le preghiere. Gli sono molto grato”.

Lei ha elogiato il progetto europeo quando due mesi fa ha ricevuto il premio Carlo Magno. Pensa che la Brexit possa portare alla disintegrazione europea e alla guerra?

“La guerra già c'è in Europa. Si sente aria di divisione. Non solo nell'Unione ma negli stessi Paesi che la compongono come Catalogna, Scozia. Queste divisioni non dico che siano pericolose ma dobbiamo studiarle bene prima di fare un passo avanti. Bisogna cercare soluzioni praticabili. Ci sono divisioni basate sull'indipendenza che si fanno per emanciparsi, per è accaduto in passato in America Latina o in Africa. L'emancipazione è comprensibile. Diverso è il caso delle spinte secessioniste, pensiamo alla Scozia. Mi viene in mente la balcanizzazione. Per me l'unità è superiore al conflitto. La fratellanza è migliore dell'inimicizia. I ponti sono migliori dei muri. Questo momento ci deve fare riflettere. L'Europa deve ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici. Anche una sana disunione può essere utile e far riflettere se dare più indipendenza e libertà ai Paesi membri, o pensare ad un'altra forma di unione, insomma, essere creativi per creare posti di lavoro, perché c'è una economia che blocca i giovani, il 40 per cento di loro è disoccupato. Insomma, non buttiamo il bambino con l'acqua sporca”.


Lei sta lasciando il Caucaso, dove sono in corso guerre silenziose. Che sentimenti prova per il popolo armeno e per il suo futuro?

“Che trovi giustizia e pace. Perché è un popolo coraggioso. La settimana scorsa quando ho visto una fotografia del presidente Putin con i due presidenti armeno e azero mi sono rallegrato: almeno si parlano, mi sono detto. Il presidente armeno, nel suo discorso di benvenuto, ha parlato della Turchia: ha avuto il coraggio di dire mettiamoci d'accordo perdoniamoci e guardiamo avanti. L'icona del popolo armeno sono le croci di pietra. Una metafora. Forti come la pietra ma che hanno saputo mantenere la tenerezza di un cuore materno. Questo popolo non ha perso la tenerezza. E' stato tenuto in piedi dalla sua fede”.

Lei ha incoraggiato i giovani di essere autori della riconciliazione con la Turchia e l'Azerbaijan. A settembre lei sarà a Baku, cosa può fare di concreto la Santa Sede per la pace?

“Parlerò agli azeri, dirò loro ciò che ho visto. La verità, dirò quello che sento, incoraggerò anche loro. Ho già incontrato il Presidente azero. Anche a lui dirò che non fare la pace per un pezzettino di terra (il Nagorno Karabakh nrd) significa qualcosa di incomprensibile. L'ho detto anche agli armeni. Forse non si mettono d'accordo sulle modalità della pace, e su questo si deve lavorare. Devono andare avanti a trovare soluzioni positive”.

Lei ha aggiunto al suo discorso la parola genocidio: pensa sia utile per la pace?

“In Argentina quando si parlava dello sterminio armeno, si usava sempre la parola genocidio. Non conoscevo altra definizione. Mi suona strano non usarla. Solo arrivando a Roma ho appreso il termine Grande Male o Metz Yeghern. Mi è stato spiegato che genocidio è una parola tecnica, che non è sinonimo di sterminio, perché dal punto di vista giuridico implica una azione di riparazione. Anche Giovanni Paolo II la ha usata, anzi ha usato tutte e due, Grande Male e genocidio. L'anno scorso non è caduta bene, la Turchia ha richiamato l'ambasciatore, che è un brav'uomo. Poi dopo tre mesi di digiuno ambasciatoriale (ognuno ha diritto alla protesta, lo abbiamo tutti) è tornato.

Lei ha accusato le potenze internazionali..

“Io ho sempre parlato dei tre genocidi del secolo scorso. Quello armeno, quello di Hitler e quello di Stalin. In Armenia ho detto che quando era in corso il genocidio armeno, esattamente come avvenne per gli altri due, le grandi potenze internazionali hanno rivolto lo sguardo altrove. Alcune potenze avevano le foto delle ferrovie che portavano ad Auschwitz; avevano la possibilità di bombardare e non lo hanno fatto. Nel contesto della prima guerra mondiale c'è stato il problema degli armeni, nel contesto della seconda guerra mondiale c'è stato il problema di Hitler. Per non dire di cosa è accaduto dopo Yalta. Insomma perché nessuno ne parla? Non voglio accusare nessuno, la mia è solo una domanda. Si dice poi che Hitler, annunciando il piano di sterminio degli ebrei, abbia detto: chi si ricorda più degli armeni? Naturalmente non so se corrisponde al vero, gli storici possono approfondire”

C'è chi dice che in Vaticano ci siano due Papi, uno attivo e l'altro contemplativo. E' vero?

“Se male di quello un tempo nella Chiesa ce ne erano tre”. Bergoglio esordisce ridendo. “Benedetto è un Papa emerito, lo ha detto lui chiaramente dimettendosi, aggiungendo che si ritirava ad aiutare la Chiesa con la preghiera. Ora Benedetto nel monastero e vive pregando. Io sono andato a trovarlo tante volte, ci sentiamo al telefono, l'altro giorno mi ha scritto una letterina, con quella firma sua, facendomi gli auguri per questo viaggio. E' una grazia avere a casa un nonno saggio. Lui per me è il Papa emerito, l'uomo che mi custodisce le spalle e la schiena con la sua preghiera. Non dimentico il discorso che ha fatto ai cardinali il 28 febbraio 2013. Tra di voi ci sarà il successore al quale prometto obbedienza e l'ha fatto. Ho sentito - ma non so se è vero - che alcuni sono andati da lui a lamentarsi di questo nuovo Papa”.

E lui?

“Lui li ha cacciati via, nel migliore stile bavarese, educato ma li ha cacciati. Questo perché è un uomo di parola, retto, retto, retto. Lo ho ringraziato pubblicamente per avere aperto la porta ai papi emeriti. 70 anni fa i vescovi emeriti non esistevano, oggi ce ne sono. Con questo allungamento della vita si può mai reggere una Chiesa a una certa età con tanti acciacchi? Lui con coraggio ha aperto la porta. Questo è buono per la Chiesa. Ma c'è un solo Papa. L'altro è emerito. Dopodomani si celebrerà il 65esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ci sarà un piccolo atto con poca gente. Lui ha accettato. Si tratta di una cosa modesta. In quella occasione dirò qualcosa a questo uomo di coraggio, che è fedele alla sua parola, perché è un uomo di Dio”.

Ritirerà la scomunica a Martin Lutero?

“Le intenzioni di Lutero non erano sbagliate. Era un riformatore. Forse alcuni suoi metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia, la Chiesa non era proprio un modello da imitare, c'era corruzione, attaccamento ai soldi, al potere. Lutero ha fatto un passo avanti giustificando le sue azioni. Oggi tutti siamo d'accordo sulla dottrina della giustificazione. Lutero è stato come una medicina per la Chiesa. Poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere e fare. Io dico: cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni. Preghiamo assieme. Lavoriamo assieme per i poveri, i perseguitati, i profughi, per la pace”.

Dopo la strage di Orlando la Chiesa deve riflettere per i sentimenti di odio verso le persone omosessuali?

“Ripeto quello che dice il catechismo. Non vanno discriminati, devono essere rispettati a accompagnati pastoralmente. Si possono condannare certe manifestazioni troppo offensive per gli altri, ma queste cose non c'entrano con il problema. Ci sono persone con buona volontà e in cerca di Dio. Chi siamo noi per giudicare? Io credo i cristiani (che non la Chiesa che è santa), ma i cristiani debbano chiedere scusa alle persone gay che sono state offese, così come ai poveri, alle donne sfruttate, e per avere benedetto tante armi. La cultura 80 anni fa era diversa. In Argentina, per esempio, non si poteva entrare nelle case delle persone divorziate. Era uno scandalo. Tutti noi siamo santi, perché in noi c'è lo Spirito Santo, ma siaom tutti peccatori. Bisogna imparare tutti a chiedere più spesso perdono”.

A fine luglio andrà a pregare ad Auschwitz...

“Io vorrei andare in quel posto di orrore, senza discorsi, senza gente. Solo con lo stretto necessario. I giornalisti ci saranno di sicuro, ma senza troppa gente, senza saluti. Vorrei solo pregare”.

A che punto è la commissione per il diaconato delle donne?

Papa Bergoglio risponde con una battuta: “C'era un presidente in Argentina che consigliava i presidenti degli altri Paesi: quando vuoi che una cosa non si risolva fai una commissione”. Poi però si fa serio. “Ne ho parlato con il cardinale Mueller. Sul tavolo della mia scrivania c'è una serie di proposte con dei nomi. Il pensiero della donna è importante, più della sua funzione. La donna pensa in un altro modo di noi uomini. Non si può prendere una decisione buona e giusta senza sentire le donne. Ora aspetto che si rifaccia il dicastero dei laici per continuare questo lavoro. La Chiesa è donna. Non è una donna zitella, una donna sposata con il figlio di Dio.

Che giudizio dà di questo concilio pan-ortodosso che è iniziato azzoppato?

Sostanzialmente positivo, è stato fatto un passo avanti, non è il 100 per cento ma è un passo avanti. Il primo passo si fa come si può. Proprio come i bambini. Il solo fatto che queste Chiese autocefale si siano riunite nel nome della ortodossia per guardarsi in faccia, per pregare assieme e parlare è molto positivo.


 
Ultimo aggiornamento: Domenica 26 Giugno 2016, 22:39
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